NELLA MAGGIORANZA DELLE UNIVERSITA’ITALIANE
SI VA OLTRE EXPO 2015.
Confronto Expo 2015 –
università italiane = LO STESSO TREND!
Se con expo 2015, nell’organizzazione capitalista del lavoro, si continua
lo sfruttamento dei volontari, con i contenuti, si promuove l’estensione
dell’ “olocausto” e “carnivorizzazione” globale capitalista a specie animali come gli artropodi, compromettendo ulteriormente, nel
silenzio degli esperti, gli
equilibri ecologici del pianeta, così NELLE UNIVERSITÀ, il cuore della formazione per lo
sfruttamento planetario del capitale, la maggioranza dei “DOTTORANDI” E
DOTTORI DI RICERCA NON SONO PAGATI e spesso DEVONO PAGARE PER SVOLGERE
RICERCA.
Il manifesto 9-6-2015
Giovani, sfruttati,
senza carriera. Ecco chi sono i dottorandi in Italia
PUBBLICATO
9.6.2015, 23:59
Il ritratto della quinta indagine annuale dell’associazione dottorandi
e dottori di ricerca italiani (Adi). Siamo oltre l’Expo: per lavorare
nell’università molti precari devono pagare
Non sono
docenti, ma fanno lezione. Non sono lavoratori, ma le università li tassano,
indipendentemente dalla capacità economica delle loro famiglie. Non sono studenti, perché
hanno già una (o più) lauree,
senza contare eventuali master o altre esperienze di lavoro. Sono i dottorandi
di ricerca, svolgono una delle attività di ricerca più bella che ci possa
essere: quella di base, nel momento in cui
l’intelligenza è più viva, come la curiosità di scoprire il mondo della
propria disciplina, e quello che esiste al di fuori dei confini,
all’estero. Lo scempio dell’università italiana si ha ridotti ad
un silente proletariato dove per fare il proprio lavoro bisogna pagare. E il reddito che comunque si guadagna — perché la ricerca è un lavoro — è tra i più
bassi in Europa.
Questo, in sintesi,
è il ritratto fornito dalla quinta
indagine annuale dell’associazione dottorandi e dottori di ricerca italiani
(Adi) che è stata presentata ieri alla Camera dei
Deputati.
Alcune cifre possono
rendere l’idea: il numero dei posti di dottorato banditi
annualmente a livello nazionale è diminuito del 25% per effetto del decreto ministeriale 45 del 2013
e della nota ministeriale 436/2014. Una realtà sulla quale si abbatterà il Jobs Act annunciato
da Renzi per i ricercatori precari in autunno.
Dalla riforma Gelmini dell’università ad oggi, il
nostro paese ha deciso di restringere al massimo il numero di chi inizia
a lavorare da ricercatore in Italia.
La tendenza è chiara dal
2012 quando l’Italia era il quinto paese europeo per numero di dottorandi
(34.629), distaccata enormemente dagli altri paesi industrializzati
simili dal punto di vista demografico: la
Francia, al terzo posto, aveva più del doppio dei dottorandi italiani
(70.581); il Regno Unito quasi il triplo
(94.494); la Germania 208.500. In
pochi anni l’Italia è precipitata al
terzultimo posto nell’Eurozona.
Oggi la situazione
è addirittura peggiorata, Senza un’immediata inversione di tendenza,
nel 2016 la situazione diventerà insostenibile, in particolare negli
atenei del Sud. Al momento esiste una forte sperequazione tra atenei
del Nord e del Sud: per il XXX ciclo nazionale del dottorato,
infatti, 10 università (in 8 città) garantiscono il 44% dei posti
a disposizione, mentre
7 regioni (una sola nel Sud) coprono il 74,5% delle posizioni bandite.
Molti di questi dottorandi
non hanno una borsa di studio.
Lavorano
gratis. Anzi, devono pagare. A questo scandalo, unico in Europa, si aggiunge l’aumento della tassazione
fissa. Nel passaggio dell’ultimo ciclo,
avverte l’Adi, la percentuale degli
atenei che operano una tassazione sui dottorandi senza borsa parametrata
sull’Isee si è ridotta dal 60% al 53%, In altri 10 atenei la tassazione minima
è aumentata, mentre si è ridotta la massima. In questo periodo, gli atenei che hanno aumentato la
tassazione per chi non ha un reddito da lavoro di ricerca, sono saliti da
9 a 15.
Siamo già oltre il lavoro gratis, come per l’Expo. Lo
stato italiano si fa pagare da chi studia e produce ricerca. Soprattutto al Sud. Allo stesso tempo non riconosce lo «status» giuridico
del dottorando come lavoratore,
al contrario di quanto accade negli
altri paesi.
«C’è una concentrazione e polarizzazione delle risorse che
esclude le aree deboli e penalizza il Sud - afferma Antonio Bonatesta,
segretario Adi - Il sistema accademico,
privo di risorse e sotto organico, si rivolge ai dottorandi per le attività
accademiche. Lo sfruttamento del loro lavoro è chiaro. Bisogna riconoscere
il diritto al reddito e di maggiori tutele sociali»
http://ilmanifesto.info/storia/giovani-sfruttati-senza-carriera-ecco-chi-sono-i-dottorandi-in-italia/
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