Il DOWNSHIFTING di Sara DAGNA
Per autodefinizione "l'Avvocata
di strada (pardon, ancora
dott.ssa, di strada)" del Foro di Acqui Terme del
LEGAL STORE o negozio giuridico di StudioCataldi.it
Le lascio la parola per
questo saggio che ho il piacere di condividere con i lettori di Studio Cataldi
e no solo. Avv.Paolo
M.Storani
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"Ho provato a mangiare 4 salti in padella, sono stata su facebook, ho pure usato il cellulare touchscreen. Nulla. Mi sono resa conto di essere nata con un'età sbagliata e di avere nostalgia di epoche mai vissute.
"Ho provato a mangiare 4 salti in padella, sono stata su facebook, ho pure usato il cellulare touchscreen. Nulla. Mi sono resa conto di essere nata con un'età sbagliata e di avere nostalgia di epoche mai vissute.
Ed è bello tornare alla propria dimensione naturale, dopo essere stata dentro quella delle macchine.
Perché lo si
fa con la consapevolezza di volerci restare, di voler essere piuttosto che
avere.
Downshifting. L'ho letta pensando fosse una nuova
disciplina sportiva. Del tipo "hai mai fatto downshifting?". "mmmm, ma sì, in Sardegna si fa da
dio".
Poi ho capito che si trattava di avere la licenza in
semplicità.
Posso dirlo quindi, ho fatto downshifting. Sono una
downshifter, orgogliosa di esserlo. Ho un orto delle dimensioni di un campo, un frutteto di
circa sessanta piante, un giardino senza guardiano, un forno a legna in cucina.
Corro con un
cane, mi piace sentire la terra sulle mani e l'erba tra i piedi. La rugiada nelle albe d'estate quando raccolgo i fagiolini
perché dopo si fa l'alfa. I grilli al tramonto arancione e le lucciole al buio del silenzio.
Volutamente
non ho internet a casa. Lo lascio al lavoro. Non ho l'I.Pod sparato nelle orecchie. Mi
piace che la musica si diffonda intorno, che giochi a rimpiattino su ogni cosa
che tocca e che torni a me, sempre in maniera diversa. Adoro il
giradischi e i vinile di mio padre.
Ho provato a stare nella dimensione di oggi, ho capito che so vivere in
quella di ieri. E non perché rifiuti il progresso, è solo
che lui non è della mia taglia. Mi va bene così. Sto semplicemente
bene così.
Così ho imparato a potare. Tagliare i rami secchi
della mia vita, quelli che non mi danno linfa vitale.
Ho imparato a coltivare, dando lo spazio ed il tempo
alle mie cose. Conosco il rosso del pomodoro maturato sulla
pianta, quello dei supermercati è finto
e dipinto. Conosco la croccantezza del sedano non coltivato in serie
che ti colora le mani di scuro. Quello che si
compra sa di acqua ed sembra lavato nel perlana. Conosco il sapore di una pesca matura appena colta dal ramo, che ti si
sbrodola addosso. Quelle nelle cassette ti
guardano racchiuse nella loro pelle ruvida e ti snobbano. E il succo
delle ciliegie amarene, quello
che se ti sporchi la maglietta, non se va più via. Le vedi in vendita a 5,00 € al kg e allora non le compri,
così ti risparmi pure di lavare la macchia. Il
rumore dello lievito che borbotta in una terrina, quello lento, non quello che in 5 minuti ti alza, ti impasta e ti cuoce una
pizza. Quindi perché farci solo 4 salti in padella, perché invece non
farci una maratona? Perché invece di avere
tutti gli ingredienti lì, infilati in un sacchetto da una macchina, che ha
scelto per noi, non infiliamo noi le mani e
scegliamo noi, per il semplice gusto di creare un piatto per noi?
Così ci si avvicina alla dimensione umana, si
impara ad ascoltare nuovamente il nostro corpo, ad assecondare i nostri sensi. Così ho capito
che non mi piace scorrere gli amici su di una bacheca, vedere i loro visi fissi,
sempre uguali di una foto in cui si è più fighi, condividere i loro
gusti con un "mi piace", commentare le
foto di un momento passato insieme, con gli sguardi di gente che non c'entra
nulla, io
voglio vedere le loro espressioni di ogni giorno, sapere che anche loro si
alzano come me al mattino, con i capelli scompigliati, che il nostro confronto
ed i nostri discorsi non si limitano ad un "mi piace",
perché...c'è sempre un perché, preferisco un caffè insieme, così...uno di
fronte all'altra, cercando di distinguere l'aroma dall'odore di quella persona.
La webcam uccide il profumo dell'altro.
Fa dimenticare
quanto sia piacevole l'altro per la sua vicinanza fisica.
Così ho capito che non mi piace e non sono proprio
portata a digitare su uno schermo, freddo ed insensibile, leggere su una
nuvoletta i pensieri dell'altro, preferisco
toccare una mano, calda e viva, ascoltare la voce direttamente dalle labbra,
guardare negli occhi. Così
probabilmente ho tagliato tanti dalla mia vita. Ma forse, non me ne interessava
così tanto...perché voglio rapporti genuini, quelli che senti di voler
conoscere e di vivere perchè ne hai il bisogno, come il mangiare o il dormire.
E allora li
cerchi e li coltivi, come una pianta di zucchini. Vero, magari non
ne avrò 500, di amici, ma 50, ma con loro ci farei la maratona ...non solo 4
salti".
(27/04/2012 11:00 - Autore: Avv. Paolo M. Storani) Tratto da: Il DOWNSHIFTING di Sara DAGNA del LEGAL STORE o negozio
giuridico (Fonte: StudioCataldi.it)
Semplicità volontaria
Da
Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Semplicità volontaria è, in lingua italiana, il neologismo che definisce quello che,
principalmente nel mondo anglosassone, viene chiamato all'interno del mondo del
lavoro il downshifting - parte integrante del più vasto concetto del lifestyle,
lo stile di vita, o simple living, del vivere in semplicità - ovvero la
scelta da parte di diverse figure di lavoratori - particolarmente
professionisti - di giungere ad una libera, volontaria e consapevole
autoriduzione del salario bilanciata da un minore impegno in
termini di ore dedicate alle attività professionali, in maniera tale da godere
di maggiore tempo libero (famiglia, ozioso
relax, hobbystica, ecc.).
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