L’indiziato
n. 1
Pubblicato
da Sylvie Coyaud su 26 aprile 2012
AMBIENTE – I neonicotinoidi fanno male alle api e
in Italia l’uso di questi pesticidi,
che proteggono le sementi dagli insetti nocivi, è sospeso da una moratoria annua che scade a giugno.
Al rinnovo
si oppone l’associazione Agrofarma che contesta le nuove
ricerche con argomenti poco convincenti.
Dall’inverno 2006, gli entomologi americani cercano il
colpevole della “sindrome da collasso delle colonie” (CCD) che spopolava gli alveari in gran parte degli Stati Uniti. Mentre
radunavano i soliti sospetti – acari,
virus, muffe, inquinanti ambientali, cambiamenti climatici ecc. – in alcuni paesi
europei i neonicotinoidi erano già vietati.
Su Science del 20
aprile, due ricerche svolte in Francia e in Gran Bretagna confermavano che i neonicotinoidi
danneggiano sia le api che i bombi e quindi gli
agricoltori che ne dipendono
per l’impollinazione.
Ora il prof.
Stefano Maini, l’entomologo dell’Università
di Bologna che ha partecipato al progetto Apenet, sta per
irritare ulteriormente Agrofarma pubblicando sulla rivista internazionale che
dirige, il Bulletin of Insectology (1),
una ricerca di Chensheng Lu e collaboratori della Harvard School of Publich
Health di Boston.
Nello sciroppo di mais dato alle api come “cibo
invernale” da chi a fine stagione ne preleva tutto il
miele, hanno somministrato a quattro gruppi di quattro arnie
sanissime – ciascuno in una località diversa – dosi di imidacloprid (il neonicotinoide più diffuso) uguali a
quelle presenti nell’ambiente.
Risultato:
Tutte le
api erano ancora vive 12 settimane dopo l’esperimento. Tuttavia 23 settimane dopo, in 15 alveari su 16 (94%) erano morte… La sopravvivenza degli alveari di controllo
vicini a quelli trattati rafforza inequivocabilmente questa conclusione: la mortalità
ritardata causata dall’imidacloprid che abbiamo osservato è un meccanismo nuovo
e plausibile per la CCD, va convalidato con ulteriori ricerche.
In
pieno inverno, le api erano scomparse lasciando le arnie piene di provviste e
di larve da nutrire, proprio il comportamento
inspiegabile che avevano avuto durante l’epidemia di CCD. “Più che di una sindrome
complessa,” dice il prof. Maini, “conviene parlare di
avvelenamento, così la cura è
ovvia.”
Da quando i neonicotinoidi sono sospesi infatti, in
Italia le api “vivono molto meglio,” dice. “Sicuro che se si limitassero anche
in altri impieghi, starebbero ancora meglio! Risultati di danni da imidacloprid
alle api, noi le avevamo denunciati fin dal 2002. La parola d’ordine dovrebbe essere neonic-less.”
Tanto più
che, come scrive oggi su AgroNotizie, non si sono registrati cali di produzione di mais. Gli agricoltori e apicoltori, almeno
in questo caso, possono essere soddisfatti delle scelte scaturite dalle
ricerche (in particolare quelle svolte grazie al progetto Apenet)”.
(1)
Segnaliamo agli apicoltori interessati che quasi tutti gli articoli sono in open access.
Credito
immagine:
Luca Mazzocchi, per gentile concessione
dell’autore.
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