sabato 21 giugno 2014

IL MAIALE NON FA LA RIVOLUZIONE libro di Leonardo Caffo Rencensione di Massimo Terrile



Leonardo Caffo - IL MAIALE NON FA LA RIVOLUZIONE - Edizioni Sonda 2013
 Recensione di Massimo Terrile


             E’ vero: il maiale non fa la rivoluzione! Dobbiamo farla noi per lui. Ma quale rivoluzione?  

Leonardo Caffo[1] propone in questa sua ultima opera una visione dell’antispecismo (detto  in tal caso ‘debole’) depurata da ogni ingerenza ‘estranea’, mirante esclusivamente all’obbiettivo fondamentale: liberare gli animali! A prescindere da qualsiasi effetto ciò possa avere sugli umani, anche se ciò dovesse (per  ipotesi) essere dannoso per la nostra specie.
Per rendere meglio l’idea, immaginiamo  che un gruppo di individui ‘antispecisti’ appartenenti ad una specie non umana (ad esempio i Gorilla) volessero definire un’etica di comportamento verso altre specie, ritenendole ingiustamente discriminate dal resto degli individui della propria specie. Peraltro, ove in base al pensiero di un sottogruppo di tali individui, le azioni miranti al raggiungimento di tale obiettivo dovessero essere coerenti con una logica di liberazione di tutti gli individui di tale specie da un sistema sociale ritenuto ingiusto, nonché sincrone e univoche con i temi e i tempi di tale ulteriore lotta, sarebbe chiaro che tale sottogruppo vincolerebbe l’iniziativa generale a determinati interessi specie – specifici. L’obiettivo ‘politico’ dovrebbe quindi essere solamente auspicabile, lasciando che le due lotte possano svolgersi in parallelo, autonomamente, traendone eventualmente vantaggio e supporto reciproco. Laddove peraltro esso fosse ritenuto inscindibile dalla lotta di liberazione animale, si potrebbe – secondo l’autore - peccare inevitabilmente di ‘specismo’. 
Abbiamo voluto proporre come introduzione questo esempio per dare maggior enfasi alla proposta avanzata dall’autore, peraltro assai vicina a quella lanciata con il ‘Manifesto per un’etica interspecifica’[2] nel 2002. A nostro avviso, più che ‘debole’ una tale strategia di perseguimento dei fini dell’antispecismo dovrebbe essere intesa come ‘forte’, in quanto – rifiutando ogni altro eventuale interesse (per quanto giusto) estraneo alla liberazione dei non umani dal giogo umano – si manterrebbe ‘dura e pura’.  
Caffo presenta la propria proposta dopo aver svolto una lunga e brillante premessa per introdurre progressivamente l’argomento ed aver affrontato (e confutato) sia teorie filosofiche antispeciste che potremmo ormai definire ‘classiche’, come quelle prettamente ‘morali’ di Singer e Regan (secondo l’autore venate anch’esse di specismo in quanto prendono in una certa misura l’umano quale metro di paragone), sia visioni esclusivamente alimentariste (vegetarismo e veganesimo), sia infine teorie decisamente contrarie all’antispecismo. (Metodo abbastanza raro nei filosofi quanto necessario ad una esaustiva analisi di ogni problematica, ndr).  
Tramite una panoramica critica dei ‘mondi possibili’ individuati da numerosi moderni pensatori l’autore giunge quindi alla proposta di un ‘antispecismo debole’ confrontandola con quella di un ‘antispecismo politico’ sostenuta dal filosofo Marco Maurizi basata sull’analisi della coscienza del ‘sociale’ della storia umana. Ragionando per assurdo, Caffo  avanza un’ ipotesi sorprendente: e se liberare gli animali non umani fosse contrario agli interessi degli animali umani?[3] Un ‘terzo antispecismo’ (come proposto precedentemente dall’autore ), in alternativa a quello esclusivamente morale ed a quello politico nascerebbe quindi da tale ipotesi, per individuare una strada pragmatica che porti ad una soluzione etica ma realistica della ‘questione animale’.  Non è infatti tanto il mondo ‘come dovrebbe essere’ l’obiettivo che Caffo si pone, quanto il mondo come ‘potrebbe essere’. Strada peraltro tutta da scoprire.
Alla ‘debolezza’ della propria proposta antispecista l’autore dedica peraltro il 3° capitolo, chiarendo subito che l’aggettivo ‘debole’ è stato prescelto in quanto identifica il “non essere (l’antispecismo debole) una teoria completa, in ogni aspetto, dell’etica animale”, bensì basata sullo slogan da lui stesso proposto: “gli animali prima di tutto”.  Con un’ analisi serrata delle forme di ‘specismo’ esistenti Caffo sgombra subito il campo dal  dubbio di voler dar battaglia ai mulini a vento, non rinnegando un certo specismo naturale insito in ogni essere vivente, ritenendo pertanto bersaglio di un ‘corretto’ antispecismo solo lo specismo innaturale (ossia ideologico) che rappresenta “il meccanismo di oppressione istituzionalizzato dalle società umane volto a massacrare a miliardi gli animali non umani per diversi motivi – tipicamente abbigliamento, ricerca, divertimento e alimentazione”. E per maggior chiarezza precisa:  “Non è infatti sconfiggere ogni forma di uccisione animale l’obiettivo dell’antispecismo, ma combattere il sistema che nobilita e legalizza lo specismo innaturale. Il ruolo dell’intenzionalità è infatti determinante per l’autore ai fini di definire come vada interpretata effettivamente ogni azione. Compito della filosofia morale è quindi quello, conclude Caffo, di contrastare l’istituzionalizzazione dell’uccisione volontaria degli animali (umani e non) e del considerar ‘cose’ gli individui appartenenti alle altre specie.
               Su tali basi, in un confronto finale sotto forma di dialogo, l’autore precisa i punti fondamentali della sua proposta, permettendo a Maurizi di esporre e chiarire i propri, in un  aperto e civile scambio di vedute. Punto fondamentale del dibattito parrebbe una semplice quanto ardua domanda: se lo specismo sia connaturato all’uomo, o nasca per effetto di attività sociali (come ad esempio lo sviluppo dell’agricoltura, dal Neolitico in poi). Nel primo caso, tale ‘difetto’ sarebbe infatti ben difficile da estirpare, mentre nel secondo potrebbe essere combattuto e vinto  (convinzione questa che condividiamo fin dall’inizio della nostra attività, ndr). Come e con quali mezzi è - in ultima sintesi - quanto proposto dall’autore, col quale non possiamo non concordare   che la liberazione delle altre specie dal giogo umano  non può essere troppo vincolata alla liberazione dell’umano dall’umano, e viceversa (benché l’insieme sia altamente auspicabile e coerente). Così come, analogamente, nel perseguire l’antispecismo non ci poniamo il problema di eliminare le ingiustizie esistenti nell’ambito delle altre specie (e ve ne sono di innaturali, sebbene le si voglia quasi sempre interpretare come ‘naturali’) per estendere a tutti gli esseri senzienti la ‘pax antispecista’.
Ci permettiamo di concludere con l’opinione che i due obiettivi (liberazione animale e liberazione della specie umana da un proprio attuale modello sociale) non possono tuttavia essere idealmente disgiunti, così come l’uno non può essere realmente sentito a fondo se non è parimenti sentito l’altro. Né ciascuno di essi, nel tragitto verso il suo compimento, non potrà non trascinare con sé l’altro, per quanti sforzi si possano fare per impedirlo.
               In conclusione, l’opera di Leonardo Caffo individua una via intermedia (che ricorda la saggia buddista ‘via mediana’), a metà strada tra un’etica individualista orientata al riconoscimento del ‘valore inerente’ di ogni soggetto-di-una-vita (v. Tom Regan) e un’etica sociale globale (v. M. Maurizi) inclusiva della  liberazione degli umani da sistemi sociali ingiusti e non funzionali alla pacifica convivenza e sopravvivenza della specie umana. In effetti, la ‘terza via’ è quanto anche il suddetto ‘Manifesto per un’etica interspecifica’ propone quando, nel riconoscere a tutti gli esseri senzienti uguali diritti alla vita, al benessere, e alla non discriminazione, aggiunge:
‘ nell’ambito delle esigenze della propria specie’. Chiarimento generico, ma efficace, per indicare che ogni specie ha necessità diverse, il cui perseguimento – anche competitivo – non può andare molto oltre le reali necessità specie-specifiche, rappresentando altrimenti una prevaricazione degli altrui diritti.     
M.T.


[1] Nato a Catania nel 1988. Filosofo e attivista antispecista, lavora presso l’Università di Torino, dove è membro del LabOnt: laboratorio di ontologia. E’ Associate Fellow dell’Oxford Centre for Animal Ethics e collabora a diverse riviste. E’ direttore di ‘Animal Studies’, rivista italiana di antispecismo.
[2] Cfr. Movimento Antispecista: Manifesto (www.antispec.org). Documento sottoscritto da oltre 40 associazioni, Tom Regan, Marina Berati, Stefano Cagno, Valerio Pocar, Bruno Fedi, Annamaria Manzoni, Susanna Penco,  e molti altri.
[3] Cfr.: Movimento Antispecista: Strategie per la lotta antispecista, in Notiziario del M.A. (www.antispec.org > Pubblicazioni > Notiziario). Il concetto della ‘non convenienza’ dell’antispecismo per la specie umana è preso in considerazione in tale documento quale principale ostacolo alla diffusione dello stesso nella società attuale.

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