martedì 20 settembre 2011

Oscar - come, quando e dove un gatto ha un ruolo inaspettato ma significativo per gli umani

Steere House Nursing and Rehabilitation Center - Istituto di Providence - Rhode Island (USA)
Uno specifico articolo è apparso sul New England Journal of Medicine (USA) nel 2007

Dal libro: LE FUSA DI OSCAR di David Dosa – Mondadori

La penultima parte la puoi leggere cliccando su

…………. Jack rise. «Entrambe amavano gli animali del repar­to» disse. «Sono sicuro che pensavano che quei due gat­ti fossero loro. Andavo a trovarle all'istituto e trovavo mia madre in camera, ma zia Barbara non c'era mai. La cercavo e la trovavo seduta in una delle sale comu­ni con uno dei gatti accoccolato in grembo. Si illumina­va in viso e mi diceva che il suo micio era là con lei.»
«E sua madre?»
            «Oh, era lo stesso. C'erano delle volte in cui forse mia madre non mi riconosceva più, ma si rallegrava sempre quando uno dei gatti entrava nella sua stanza. Anche zia Barbara. Mettevo il micio sul letto di una o dell' altra e sorridevano subito.
«La cosa più strana è che mia madre e mia zia alla fine dimenticarono quasi tutto. Non si ricordavano come mi chiamavo, dove si trovavano, o chi fossero. Eppure l'affetto per i gatti restò intatto, così come ogni volta sorridevano felici, perfino alla fine, se in repar­to c'era un bambino piccolo o se la radio trasmetteva una certa canzone.»
«Oscar era presente al momento della loro morte?» domandai.
«Le infermiere mi hanno riferito che era con zia Bar­bara quando spirò. Entrò in camera qualche ora prima e restò con lei. lo non c'ero quando mia zia morì, ma posso raccontarle cosa accadde a mia madre con Oscar.»
Jack accennò un sorriso.
            «Quando Oscar era ancora un gattino di solito lo por­tavo nella stanza di mia madre e lo mettevo sul letto. Ci restava per un paio di minuti al massimo, poi se ne andava. Sa come sono i gattini
A dire il vero, non lo sapevo.
«A mia madre faceva molto piacere, ma Oscar non si fermava mai a lungo. Nell'ultima settimana, quan­do mia madre era ormai incosciente, Oscar entrava, si guardava in giro o saltava sul letto un momento e poi se ne andava. La sera in cui mia madre morì l'infermiera del turno di notte mi telefonò perché venissi a vegliarla. Mi disse che mamma non stava bene e che avrei dovuto starle vicino. Quando entrai nella stan­za le luci erano basse e mi accorsi che avevano iniziato con l'aromaterapia. Mi avvicinai alletto e fui sorpre­so di vedere Oscar, acciambellato vicino a mia madre.
Quando mi sedetti sul letto non si mosse; restò fermo là a fare le fusa
Jack assunse un'espressione di stupore. «Vedendo Oscar accanto a lei, guardai il mio com­pagno, con cui ho una relazione da undici anni e che si era sempre prodigato per mia madre, e gli dissi che ci saremmo fermati. Come ho detto, mia madre ave­va un legame particolare con i gatti e sapevo che era così che sarebbe morta, con un gatto al suo fianco. Due ore dopo mamma esalò l'ultimo respiro. Oscar non si mosse mai finché lei spirò. Poi si alzò con noncuran­za, come se niente fosse, e uscì dalla stanza.»
Restammo seduti in silenzio. Stavo immaginando la scena. Scommetto che anche Jack la rivedeva da­ vanti agli occhi.
«Suppongo che mia madre sarebbe stata felice di sapere che alla sua morte le era stato vicino uno dei gatti a lei più cari. Per essere sincero, provai sollievo.
Vorrei dirle che mi sentii terribilmente male quando mia madre mancò, ma non fu così. Penso che la fi­glia di Ronald Reagan abbia espresso ciò che noi pro­viamo quando intitolò Il lungo addio il suo libro di ri­cordi sull' Alzheimer del padre. Ogni giorno mi manca la mamma che avevo sedici anni fa, ma non la persona che era diventata. Era come sorvegliare una bambina, con l'aggravante di vederla disimparare tutto ciò che aveva appreso nella vita.»
Ripensai alla conversazione scambiata con la signora Sheer e sua figlia: anche loro avevano vissuto la stes­sa esperienza. Deve essere come guardare al contra­rio il film della vita di qualcuno, solo che il protago­nista non ringiovanisce.
Chiesi a Jack se avesse una qualche riflessione fina­le in merito a quanto aveva passato. Ci pensò un po' prima di rispondere.
«Devi imparare ad amare la persona che diventa e a godere delle piccole cose» disse alla fine. «Ecco perché sono così importanti gli animali allo Steere House. La demenza si combatte principalmente con un ambien­te accogliente e la distrazione. Ero sempre tranquil­lo quando, dopo una visita, lasciavo mia madre e mia zia Barbara perché ricevevano ottime cure e assisten­za, stavano insieme e avevano i loro gatti.»
In piedi sulla soglia di casa, mentre mi congedavo, strinsi la mano a Jack. Prima che me ne andassi mi espresse un ultimo pensiero. 
«Sa, Oscar non è stato solo una distrazione per mia ma­dre» disse. «È stata una distrazione utile anche per me.»

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