martedì 20 settembre 2011

Oscar - la libertà del gatto e non il suo utilizzo è una terapia che mantiene in equilibrio il rapporto uomo-animali evitando forme di sfruttamento antropocentrico

Dal libro: LE FUSA DI OSCAR di David Dosa – Mondadori
L’ultima parte la puoi leggere cliccando su

2 parte
 …….
«Avete domande da fare su questo reparto?» chiesi, cercando di rendermi utile.
«Avete sempre dei gatti, qui?» domandò in tono incredulo una delle donne.
«Sì. Abbiamo due gatti in questo reparto e altri quat­tro di sotto, oltre a un coniglio e a diversi uccelli» spiegò Mimi.
«È bellissimo» esclamò l'altra donna. Era quella che si era fermata a osservare Louise poco prima. Poi si voltò verso il padre.
«Papà, alla mamma i gatti piacevano tanto.» Aveva parlato al passato.
«A sua madre piacciono i gatti, vorrà dire» precisai.
La donna mi rivolse un' espressione stranita, forse imbarazzata. Mi resi conto di quanti familiari parlas­sero dei loro cari malati di demenza come se fossero già morti.
«In effetti» spiegai, per sdrammatizzare «abbiamo scoperto che la presenza di animali in realtà aiuta gli ospiti negli ultimi stadi della demenza. Sua madre ap­prezzerà molto la loro presenza.»
«Davvero?» chiese la donna.
«Sì. All'inizio nemmeno io ci credevo, ma ho pas­sato abbastanza tempo qui dentro da rendermi con­to che gli animali fanno una grossa differenza per gli ospiti e i loro familiari
La donna mi rivolse un' occhiata interrogativa che ri­conobbi subito. Era probabilmente la stessa che io ave­vo rivolto a Mary la prima volta che mi aveva confi­dato le sue riflessioni su Oscar.
«Suppongo che gli animali abbiano qualcosa che riesce ancora a toccarli.» Mi interruppi un istante.
«Mi piace pensare che abbiano anche qualcosa da insegna­re a noi
La donna annuì e si guardò intorno. «Allora, che cosa ne pensi, papà?»
«Penso che questo sia il posto giusto.» L'uomo si sforzò di sorridere, date le circostanze, e si rivolse a Mimi. «Se è ancora disponibile il posto letto, noi vi af­fideremmo la mia Lucy.»
Mimi annuì e li accompagnò fuori dal reparto, già assorbita dalle spiegazioni sui vari moduli e le tante scartoffie da compilare.
Mentre uscivano, Mary spuntò in fondo al corridoio opposto spingendo un'ospite su una sedia a rotelle. Parcheggiò la paziente vicino al bancone della segre­teria e poi l'abbracciò.
La donna sorrise e ricambiò l'abbraccio.
«Chi erano?» mi domandò, facendo il giro del ban­cone per venire a sedersi.
«Mimi è venuta qui con una famiglia. A quanto pare avremo una nuova ospite nel letto di Ruth.»
«Abbiamo sempre qualcuno, David. I letti non re­stano liberi a lungo.»
Ormai il sole al tramonto era sbiadito, come le parole scritte sull' acqua. A metà corridoio vidi Oscar spuntar fuori da una delle stanze in cui si era rifugiato. Guar­dò sia Mary sia me e si fermò. Poi si voltò e risalì l'al­tra metà del corridoio trotterellando con decisione nel­la direzione opposta. Quando arrivò all'ultima stanza sul lato destro si bloccò e parve annusare l'aria: con un guizzo della coda, scomparve all'interno. Guardai Mary e sorrisi. Oscar stava cercando di dirci qualcosa?
Lo stavo ascoltando.

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