lunedì 19 agosto 2013

Considerazioni etiche sull'ecocidio di 128mila galline dell'allevamento di Ostellato (FE)

128.000 ESSERI SENZIENTI, “CREATURE” SENZA VOCE
Lettera di sensibilizzazione alla popolazione umana
 tramite stampa locale cartacea e online

Spettabile redazione  di ________________________________________

ho appreso dai mezzi di informazione che sono iniziate le operazioni di abbattimento di 128.000 galline colpite dal virus dell'influenza aviaria nell'allevamento di Ostellato (FE).
Dal 13 Agosto, quando si è manifestato il sospetto della malattia, l’azienda è stata isolata e le operazioni di  abbattimento sono state predisposte da parte dell’Azienda USL di Ferrara e della Regione Emilia Romagna che ha emanato un’ordinanza con misure straordinarie per il contenimento dell'infezione, il monitoraggio degli allevamenti, la tutela della salute pubblica, l'istituzione di zone di protezione e sorveglianza dell'area colpita, il censimento di tutte le aziende e degli animali, gli accertamenti da parte dei  veterinari, i controlli straordinari sul territorio regionale e la sospensione di fiere e mercati di animali di specie vulnerabili.
Il  pericolo sembrerebbe essere stato circoscritto e non dovrebbero essere stati coinvolti altri animali, oltre alle sfortunate 128.000 galline. Soprattutto non dovrebbe esistere pericolo per gli esseri umani, non essendoci evidenza di trasmissione del virus alle persone  attraverso il consumo di uova e carne.
Non sono state disposte restrizioni al consumo di alimenti e l'ordinanza emessa per il ritiro delle uova prodotte nello stabilimento ha lo scopo di prevenire la trasmissione del virus ad altri animali di specie avicola.
Insomma che i mezzi di informazione ci hanno ben tranquillizzati: siamo in una botte di ferro e possiamo continuare a mangiare uova e galline a volontà. Anzi, proprio quando accadono questi “incidenti di percorso” negli allevamenti, qualcuno osa pensare che il cibo e i prodotti  animali sono ancora più sicuri perché maggiormente controllati! Forse chi ha questo pensiero si dimentica del ruolo onnipotente che l’industria zootecnica, e di conseguenza quella alimentare, con l’aiuto prezioso della pubblicità ossessiva, hanno nella nostra vita quotidiana. Ogni volta che accadono questi casi di pandemie, i media ci dicono che i controlli sono sempre più rigorosi ma in posti come gli  allevamenti intensivi ci vogliono ben altro che controlli per debellare certi virus:
se ciascuno di noi ne vedesse almeno uno, non so se continuerebbe a mangiare ciò che esce da quei posti perché vedrebbe animali ammassati a migliaia che, oltre a vivere un inferno quotidiano, sono ottimi veicoli di virus e batteri.
Anche noi, che siamo animali umani, ci ammaliamo più facilmente se i luoghi in cui viviamo sono affollati e la cura per noi, come per loro, sono gli antibiotici.  
Altra questione è che, con l’arrivo dell’aviaria, si corre ai ripari col vaccino, una gran bella manna anche per l’industria farmaceutica che da questo business, pagato dai clienti, trae un gran profitto.  
Siamo nelle mani delle tre grazie, le tre industrie zootecnica, alimentare e farmaceutica, ma sempre più persone decidono che in quelle mani non ci vogliono stare,
scegliendo saggiamente di
NON MANGIARE ANIMALI NE’ I LORO PRODOTTI.
Il cuore del problema sono loro, gli animali, che non hanno voce e aspettano disperati che qualcuno parli per loro.
Le galline sono creature che, se libere di seguire i  propri istinti, cercano il cibo razzolando, depongono e covano le proprie uova nel nido, hanno bisogno di distendere le ali e hanno cura  delle loro penne.
In Italia sono oltre 50 milioni le galline cosiddette “ovaiole”, con una produzione di 12 miliardi di uova all’anno, provenienti da allevamenti.
Negli allevamenti in gabbia le galline vivono in condizioni terribili, stipate in gabbie talmente piccole da non riuscire neppure ad aprire le ali, che finiranno così per atrofizzarsi; le zampe crescono deformi perché poggiano sulla griglia metallica delle gabbie.
Questa condizione di affollamento e sofferenza porta gli animali a comportamenti innaturali causati dallo stress primi tra tutti l’aggressività.
Per limitare le ferite causate da questi atteggiamenti, ai pulcini viene mozzato il becco bruciandolo o
strappandone via una parte.
Le gabbie sono sistemate in lunghe file sovrapposte, la luce è sempre accesa, dettando il ritmo di una  produzione incessante e negando alle galline il buio e il riposo.
Negli allevamenti a terra, le galline vivono ammassate in capannoni: un  metodo che non permette la pulizia della  pavimentazione, se non quando il ciclo produttivo termina, e costringe gli animali a vivere per tutto il periodo del loro sfruttamento su uno strato sempre crescente di escrementi.
Negli allevamenti le galline non possono covare le proprie uova e i pulcini nascono nelle incubatrici in cui le uova vengono trattate con antibiotici per evitare infezioni.
I pulcini maschi non daranno uova perciò saranno uccisi dopo la schiusa (schiacciati, gassati, tritati) per venir gettati via o diventare mangime per altri animali.
I pulcini femmine vengono preparate a essere sfruttate: taglio del becco e somministrazione di farmaci per velocizzare la crescita e aumentare la produttività.
Negli allevamenti biologici, le condizioni di vita degli animali allevati all’aperto sono meno  stressanti ma la logica dello sfruttamento è la stessa: le galline vengono considerate macchine da produzione. La vita media di una gallina “ovaiola” è di due anni ovvero l’età in cui diminuisce la quantità delle uova deposte e per l’allevatore diventa improduttivo  mantenere in vita animali da cui non trarre guadagno.
Le galline libere invece possono vivere anche fino a nove anni.  Secondo i ritmi  di questo terribile mercato, quando le galline diventano inutili vengono uccise.
Pensate al numero 128.000: un numero che fa pensare. Se fossero i partecipanti a una manifestazione per i diritti civili, sociali, politici, sarebbe un gran bel numero, da prima pagina.
Io  immagino 128.000 galline che manifestano per il diritto a vivere o almeno per il diritto a non nascere perché una vita del genere non è degna di essere vissuta. Trattandosi di galline, il numero 128.000 si perderà nel nulla, insieme alle loro strazianti sofferenze subite  prima di morire, come se non fossero state sufficienti quelle subite per vivere.
Cordiali saluti.
____________________  19 agosto 2013


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