Dal libro: LE FUSA DI OSCAR di David Dosa – Mondadori
3 parte
Postfazione
Proprio come i familiari degli ospiti che sono andato a trovare per indagare su Oscar, ho imparato a essere grato al nostro gatto per ciò che fa e per ciò che ci insegna sulla fine della vita. Ma la domanda che tutti mi fanno è: "Ma come ci riesce?".
Ripenso a una telefonata che ricevetti poco tempo dopo la pubblicazione del mio saggio su Oscar, apparso sul "New England Journal of Medicine". Chi mi chiamava si presentò come un reduce della Seconda guerra mondiale. Mi spiegò che durante la guerra era stato medico sul fronte europeo e che il suo lavoro consisteva nell'evacuare dal campo di battaglia i soldati feriti.
«Dottore, dopo alcuni mesi trascorsi a portar via i feriti dal campo di battaglia, ero in grado di dire se il soldato sarebbe sopravvissuto o sarebbe morto» mi disse. «Se era destinato a morire, il suo corpo emanava un odore dolciastro. Non lo sentivo se era destinato a vivere.»
C'è una plausibile spiegazione biologica per quel "dolce odore di morte". Con la morte delle cellule, i carboidrati sono degradati in diversi altri composti chimici, tra cui i chetoni, la cui abbondanza è facilmente riconoscibile perché legata a un caratteristico odore dolciastro. Lo si riscontra, per esempio, nei giovani diabetici in forte scompenso metabolico, e agli studenti di medicina viene insegnato fin dal primo anno ad annusare il fiato ai diabetici per stabilire se la glicemia è alta.
Forse Oscar sentiva semplicemente questo odore? Di sicuro è evidente che gli animali possiedono un olfatto sopraffino, ben superiore a quello degli esseri umani.
Uno studio del 2006, pubblicato su un noto bollettino medico di oncologia, ipotizza che i cani potrebbero essere addestrati a scoprire, annusando l'alito dei pazienti, se sono malati di tumore ai polmoni o al seno. Studi simili nel corso degli anni sono stati condotti su cani in grado di scoprire i melanomi con l'olfatto e pesci capaci di predire i terremoti. È strano ipotizzare che Oscar, un gatto che abita in un reparto per malati di demenza in fase terminale, abbia semplicemente imparato a identificare un odore specifico emesso nelle ultime ore di vita dei pazienti?
Può darsi, ma mi piace pensare a Oscar come a qualcosa di più di un "rilevatore" di chetoni. Fin da bambino, mentre ascoltavo mio nonno leggermi i racconti tratti dal libro di Rudyard Kipling Storie proprio così, immaginavo gli animali come dotati di qualità e debolezze umane. Forse ci vediamo riflessi in loro.
In un reparto geriatrico in cui il personale si è sempre impegnato al massimo per rendere tollerabile l'esperienza della morte agli ospiti e ai loro familiari, mi piace pensare che Oscar incarni empatia e cameratismo. E un membro essenziale di una buona e sollecita squadra di assistenza sanitaria. Come medico, il mio compito è quello di prescrivere le cure adeguate e di supportare i parenti; il compito dell'infermiera è quello di provvedere all' assistenza adeguata; il compito del ministro di culto è quello di dare il sostegno spirituale necessario per il paziente e per i suoi familiari; ed è compito di Oscar fornire la compagnia essenziale nelle ultime ore di vita. Fa chiaramente parte della squadra ed è un conforto per i familiari tanto quanto lo è per il malato e, in certi casi, è l'unico "familiare" rimasto al paziente.
Non pretendo davvero di conoscere la natura del talento particolare di Oscar: non sono un etologo né ho
analizzato rigorosamente il suo comportamento. Che il nostro gatto sia motivato da un olfatto sopraffino, da una speciale empatia o da qualcosa di totalmente diverso, la vostra opinione vale quanto la mia. Ma sono convinto che tutti noi possiamo imparare dal suo esempio.
Sebbene i miei colloqui con i parenti degli ospiti deceduti avessero lo scopo di fornirmi maggiori intuizioni sul comportamento di Oscar, in realtà mi sono serviti per imparare molte cose sulla demenza. Per quanto mistero aleggiasse intorno al comportamento di Oscar, restava ben poco mistero sulle conseguenze devastanti della demenza.
Attualmente negli Stati Uniti ci sono più di cinque milioni di persone con l'Alzheimer, e centinaia di migliaia di altre affette da forme di demenza meno conosciute. Senza nuove terapie, le stime indicano che queste cifre sono destinate ad aumentare in modo vertiginoso, visto il progressivo invecchiamento della popolazione. Ma la tragedia della demenza non si misura semplicemente con il numero dei pazienti affetti. Per ogni malato ci sono dei familiari la cui vita non sarà mai più la stessa. ……
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