Compagnia delle
Opere: il forziere del "partito di Dio"
di Ettore Lizini,
da Affari & Finanza di Repubblica
05/11/11
micromega-online
Prima le spinte del Vaticano. Poi Todi. Ora le grandi manovre al centro del quadro
politico romano
per gettare le basi del dopo Berlusconi.
La Balena bianca dopo anni di letargo
bipolare ha avviato le prove tecniche di risveglio.
E in attesa di trovare leader,
alleati e linea politica, si consola con una certezza: il forziere di Dio, vent'anni dopo l'eutanasia della Democrazia cristiana, gode ancora di ottima salute. Tenuto in piedi, anzi tonificato,
negli
anni bui del bipartitismo dall'unica
macchina di voti, soldi e consensi sopravvissuta alle macerie dello
scudo crociato: quella di Comunione
e liberazione e della Compagnia delle
Opere (Cdo). La
Confindustria dei cieli pronta a fare da Cavallo di Troia
qualcuno dice anche da Bancomat per il ritorno
dei cattolici al centro della scena politica nazionale.
Fare
un estratto conto preciso al centesimo dei soldi a disposizione di questa lobby
politico-finanziaria non è facile. La Cdo
è una nebulosa proteiforme posizionata nell'area
grigia tra profit e noprofit
dove i dati pubblici sono merce
rara. L'unica
certezza è che negli ultimi anni, crisi o non crisi, ha continuato
a crescere. Le aziende iscritte (prezzo attorno ai 300 euro l'anno) sono
36.600, il 10% in più del 2010, per un giro d'affari
complessivo attorno ai 70 miliardi.
L'elenco
ufficiale dei soci non esiste, ma solo in
Lombardia, feudo del governatore Roberto Formigoni, sarebbero 6mila, più di quelli di Assolombarda. I documenti depositati sulla galassia si contano sulla
punta delle dita. E raccontano solo
una porzione infinitesimale del potere dell'armata ciellina.
C'è
un'Associazione.
Compagnia delle Opere con 4 milioni di attivi e 137mila
euro di utile nel 2009.
Sotto il suo cappello ci sono Cdo
Net (servizi, 9 milioni
di ricavi), la misteriosa Magifyng
films negli Usa e Bps (consulenza finanziarie 5,5 milioni
di fatturato). Dove tra gli azionisti spuntano alcuni degli uomini forti del
gruppo come Graziano Tarantini presidente di A2a, membro della
potentissima Fondazione Cariplo e consigliere
di Akros e Bpm e Paolo Fumagalli, presente in
alcuni cda in orbita IntesaSanpaolo. Ma si tratta solo di una goccia nell'oceano
degli interessi della Compagnia.
I vantaggi per i soci.
Il vero tesoro del forziere di Dio
è altrove. Sfuggente
e invisibile,
fatto di mille rivoli di denaro (tutti insieme fanno un fiume d'oro) che
corrono tra politica, affari e opere di bene. Un patrimonio milionario capace,
al momento delle elezioni, di trasformarsi in un serbatoio da centinaia di
migliaia di voti.
La Compagnia delle Opere si è messa nel
mezzo di questo crocevia strategico: «L'associazione
è scritto nella brochure di presentazione dà la possibilità di trovarsi al
centro di un complesso di relazioni in cui ciascun associato
può trarre beneficio per la sua impresa».
Come? Il presidente Bernhard
Scholz la spiega così: «Favorendo
lo scambio di esperienze e di idee». E grazie alle agevolazioni
garantite ai soci riuniti in 36 sedi nazionali e 16 estere: conti correnti a condizioni di favore (ne sono stati aperti 40mila), assicurazioni, buoni pasto, incentivi
per carburanti ed energia.
Resi possibili è il
primo segno del potere della armata bianca grazie ad accordi con i maggiori gruppi
italiani. Nell'elenco bancario dei partner di fiducia,
per dare un'idea della potenza di questa armata bianca, ci sono tutti i big
del credito di casa nostra
da Unicredit a Mps la banca "rossa" da Intesa a Bpm.
Affari in grigio. Il core business della Compagnia delle Opere
però, come racconta Ferruccio Pinotti nel suo libro "La lobby di Dio",
è altrove. E sarebbero
gli affari garantiti ai soci dalla politica grazie, appunto «al complesso
di relazioni» della ragnatela di
potere ciellina.
Dove la politica distribuisce le carte
e i privati (aziende ma anche cooperative e migliaia di piccole realtà noprofit) si spazzolano il
piatto. Le cifre in ballo sono enormi.
Prendiamo il sistema formigoniano in
Lombardia, l'espressione
più evoluta (ma certo non l'unica) del sistema. Tarantini e Fumagalli le
cui società, tra l'altro, sono finanziate dalle banche di
cui sono consiglieri
sono solo la punta dell'iceberg. La galassia di Cl esprime il 25% circa dei direttori generali di ospedali e Asl regionali (un mondo che
gestisce 16 miliardi l'anno), ha messo i suoi uomini al vertice della Fiera, delle aziende dei trasporti, delle banche, delle
Fondazioni creditizie
e nei board delle Camere
di commercio.
Ha costituito società controllate al 100% dalla Regione (Infrastrutture Lombarde,
Informatica Lombardia, Finlombarda) che gestiscono in
proprio appalti e gare milionari.
Il
Cencelli, non scritto, di queste operazioni prevede briciole
per tutti, cooperative rosse e uomini vicino alla
Lega compresi. Ma la parte del leone come
sostengono Pinotti e molti osservatori la
fanno quasi sempre le aziende o le cooperative sociali (54mila persone
coinvolte e 300 mila assistiti solo nella sanità) che gravitano nell'orbita della Compagnia.
Le regole del gioco. «Le
regole sono chiare dice dietro condizione di anonimato il responsabile amministrativo di un ospedale lombardo se non scegli i vincitori giusti per le tue gare,
la Regione inizia a rallentarti i rimborsi e il tuo conto
economico va in tilt».
Finlombarda, per dire, ha centralizzato la tesoreria per pagare i fornitori
degli ospedali.
Naturalmente verificare è stata la tesoreria per pagare i fornitori
degli ospedali. Naturalmente verificare
è impossibile. L’elenco degli
iscritti alla Cdo è nebuloso, le cooperative sociosanitarie
vicine a questo mondo non presentano bilanci anche se in qualche
caso (come
il Consorzio scuolalavoro) sono arrivate
a fatturare decine di milioni. «Difendersi da sospetti
infondati e sistematici è impossibile replica Scholz E' sbagliato dire che siamo il braccio di Cl. Non riceviamo direttive e non le diamo».
I primi a non crederci però sono i
"soci" della maggioranza di centrodestra al Pirellone. «Le mani di Cl sulla sanità lombarda. Se non sei di
Comunione e Liberazione non fai carriera», ha scritto velenosa La
Padania tempo fa, riassumendo con franchezza padana quello che in Lombardia
hanno capito un po’ tutti. «Ci
sono interi ospedali dove per diventare primario o garantirti una fornitura
o l’appalto per la costruzione di un nuovo reparto devi avere la targa della
Cdo», dice
il responsabile amministrativo.
La
rete «del
complesso di relazioni» funziona così.
E ha iniziato a replicare il modello nel mondo dell’housing
sociale, delle
residenze universitarie e dell’energia e in tante altre aree d’Italia, Emilia rossa compresa. Il do
ut des è chiaro. I soldi girano, le
aziende socie cavalcano il puledro giusto, la Cdo e la politica
che le ruota intorno tirano le fila e alla fine la rete della sussidiarietà, al momento di andare alle urne, si trasforma in una macchina di
voti. Nelle elezioni regionali in Lombardia,
vuole la vulgata, questo mondo è capace di pilotare fino a 100mila preferenze
sui candidati prescelti dai vertici. Una dote che in una politica frammentata come la
nostra vale oro.
l
business del Meeting.
Il Meeting di Rimini è l’immagine più plastica del potere
mediatico e finanziario dell’esercito di Dio. A scorrere l’elenco dei
relatori (dal Presidente della repubblica Giorgio
Napolitano ai messaggi del Papa, dal Ghota della finanza nazionale a Sergio Marchionne) si fa più veloci a
dire chi manca che
chi c’è. Dietro
gli stand e l’entusiasmo dei giovani partecipanti (800mila nel 2011) e
dei 3.750 volontari
c’è però un robusto
giro d’affari da 8 milioni l’anno. A rimpinguare il forziere di Dio, in
questo caso ci pensa la Evidentia
Communication,
che raccoglie la pubblicità e gira alla Fondazione
del Meeting per
l’amicizia un canone annuo di oltre 5 milioni.
Wind, Eni e IntesaSanpaolo
sono gli sponsor principali.
Gran
parte dei big di Piazza Affari (spesso dipendenti da concessioni
pubbliche) sono presenti con propri
stand pagando un canone all’organizzazione e il montaggio a
una cooperativa sociale del mondo
associativo. Poi
ci sono i sussidi pubblici in odore di conflitto
d’interesse di regioni del centrodestra: 100mila euro sono arrivati
dalla Regione Lazio della Polverini, da Friuli e Sardegna, 84mila dalla Lombardia di
Formigoni (che
è riuscito a garantire pure sponsorizzazioni di Trenord e della Sea) e 37.600 persino
dal Magistrato delle acque del Veneto di Luca Zaia. Il profumo dei soldi, del resto, ha stemperato da tempo le tensioni
tra Bossi e il mondo di Cl.
Il business del Meeting, visti i risultati, si è già clonato in diverse edizioni locali e sbarcherà nei prossimi giorni in Giappone. Dalle sue costole ha figliato Matching,
una maxikermesse alla
Fiera di PeroRho,
altro feudo ciellino, dove si
incontrano per parlare d’affari tra di loro imprese di 40 paesi. Anche qui di soldi
ne girano molti.
Gli sponsor dell’iniziativa Cdo sono Microsoft,
Unicredit e Sfirs, la finanziaria
pubblica sarda. Ognuno dei 2.500 partecipanti paga 2.500 euro per lo stand e
per vedersi organizzare una fitta rete di appuntamenti. Socio
aiuta socio, denaro chiama denaro e costruisce consenso. I consensi
diventano voti.
Il
modello tira e il Matching
(il mondo è cambiato) ha già
tenuto una versione russa. «I prossimi obiettivi di Cl sono un premier e un Papa», è la battuta che circola in Vaticano riportata
da Pinotti.
Il forziere
di Dio ha tutte le carte a posto per aiutare Comunione e liberazione a tentare
la doppietta.
(26 ottobre
2011)
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