27 febbraio
2012
LE “FILIERE”
DELLA VIVISEZIONE E LE NORMATIVE UE
Fa grande scalpore la notizia diffusa in televisione e sui quotidiani in questi giorni dell’arrivo scadenzato di circa 900 primati non umani di varie specie previsto presso gli stabilimenti della Harlan di Correzzana (MB), paese della Brianza sede peraltro della nostra associazione.
Notizie di tale portata non sono
frequenti, sebbene l’arrivo di cani, scimmie, topi,
e quant’altri “non umani” a scopo di smistamento o allevamento negli
appositi stabilimenti sia
praticamente continuo e costante in Italia.
I media dovrebbero infatti pubblicare
notizie del genere ogni settimana, o quasi, e non solo per gli arrivi, bensì anche per le
“partenze”, ossia per l’invio dei “soggetti” ai laboratori di vivisezione,
numerosissimi. Il motivo contingente è peraltro noto. Da alcuni mesi alcuni politici e attivisti si
stanno preoccupando di porre un limite a tali “pratiche” in Lombardia,
anche a seguito dell’iter parlamentare
riguardante il recepimento della direttiva 2010/63 sulla vivisezione, previsto entro fine anno. E solo ciò fa
ovviamente notizia. Non possiamo peraltro che ringraziare chi si preoccupa per
gli aspetti di tale angoscioso problema, ed auspicare di cuore che le loro
iniziative abbiano il miglior successo.
I cani di Green Hill e le scimmie della Harlan
sono certamente dei buoni argomenti
per suscitare l’empatia e la compassione
della popolazione verso una pratica così discussa e crudele quale la
sperimentazione su animali non umani, obbligatoria a livello comunitario
praticamente per ogni prodotto industriale. E si fa bene a manifestare contro di
essa. Ma non solo per cani e scimmie,
ovviamente, bensì anche per tutti gli altri non umani (gatti, gerbilli, pesci,
topi, ratti, porcellini d’India, conigli e rane)
che la suddetta direttiva (ed anche la precedente, dalla quale
deriva la nostra legge nazionale sulla vivisezione) prevede come specie
per le quali é obbligatorio (salvo deroghe come appunto le scimmie, per ora non
ancora riproducibili in cattività) ricorrere a soggetti
allevati in stabilimenti speciali. Anche per poter avere materiale “puro” da
utilizzare, ovviamente.
Le proteste “ufficiali” si sono fino ad ora concentrate su Green Hill a Brescia
e alla Harlan a Correzzana, invocando
motivazioni tecniche, ossia la mancata tenuta dei registri regolamentari
e della microchippatura dei soggetti, nel primo caso, e la impossibilità di
ospitare i primati negli stabilimenti attuali conformemente alle loro esigenze
etologiche , nel secondo (v. Corriere della Sera del 26 febbraio
2012, Cronache, pag. 22).
Tuttavia, la legge nazionale 116/92, all’Allegato
2, non prevede misure e regole “obbligatorie” per la tenuta degli allevamenti,
come è noto, ma solo “raccomandazioni”.
E la legge nazionale sul randagismo (281/91) e le disposizioni successive
riguardanti gli “animali d’affezione” come la
microchippatura obbligatoria per i cani (DPCM 2003) non pare si applichino alle
leggi speciali (quale proprio quella sulla
vivisezione). Difficile quindi
perseguire tale strada. Ma tutto ciò che si può fare va ovviamente fatto.
Ci auguriamo
peraltro che oltre a denunciare molto giustamente i possibili
illeciti nella “tenuta” degli animali non umani destinati alla vivisezione, ci si preoccupi
anche di far modificare in fretta la direttiva 2010/63 che all’articolo 2, come
denunciato nella “Lettera alle Istituzioni” firmata da numerose associazioni e da noi
inviata ai destinatari (Gruppi Parlamentari e Governo) il 17 febbraio u.s.
vieta agli
Stati membri di apportare misure nazionali “più rigorose” a favore degli
animali non umani utilizzati per la vivisezione (tranne quelle già in vigore al 9.11.2010)! Tale disposizione è paradossalmente stata
inserita proprio in una norma che dovrebbe mirare
(senza limiti) alla “protezione” di tali animali
non umani, ed è gravemente lesiva dei Trattati
e della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione. Contro di essa andrebbe fatto
ricorso dal Governo presso il Tribunale della Corte di Giustizia
della UE per l’ annullamento,
o alla Commissione UE per la relativa proposta di modifica al Parlamento
Europeo.
In caso contrario, dal
2013 (ma in teoria fin dal novembre del 2010) non si potranno porre ulteriori ostacoli alla vivisezione, i cui fini
“unici” ( in pratica, tutti) sono sanciti all’articolo 5 della direttiva stessa.
Sarà pertanto molto difficile che uno
Stato membro possa vietare non soltanto la vivisezione per taluni fini, bensì
anche non concedere le autorizzazioni previste per
le strutture della “filiera” (allevamenti, laboratori, ecc..), visto quanto la direttiva prevede in merito
all’articolo 20.
Nel formulare i migliori auspici per le iniziative in corso, preghiamo quindi caldamente i nostri parlamentari ed il
Governo di procedere urgentemente a perseguire le suddette iniziative a livello
comunitario, al fine di scongiurare
il rischio, ormai molto prossimo, che l’Italia, come gli altri paesi europei, non possa legiferare autonomamente in merito a questioni etiche,
seppur positive, riguardanti
l’abolizione o anche la semplice limitazione della vivisezione nel
prossimo futuro.
Massimo
Terrile
Movimento
Antispecista
Via
Principale,11 – 20856 Correzzana (MB)
Tel.
039.6065817
E-mail: comunicazioni@antispec.org
Nessun commento:
Posta un commento