martedì 28 febbraio 2012

CHIEDIAMO LA MODIFICA DELLE NORME CHE NON GARANTISCONO LA VITA DEGLI ANIMALI. RICHIEDIAMO L'OBBLIGO DELL'USO DEI METODI ALTERNATIVI ALLA MORTE DI ESSERI SENZIENTI



  







27 febbraio 2012

LE “FILIERE” DELLA VIVISEZIONE E LE NORMATIVE UE
              
            Fa grande scalpore la notizia diffusa in televisione e sui quotidiani in questi giorni dell’arrivo scadenzato di circa 900 primati non umani di varie specie previsto presso gli stabilimenti della Harlan di Correzzana (MB), paese della Brianza sede peraltro della nostra associazione.
            Notizie di tale portata non sono frequenti, sebbene l’arrivo di cani, scimmie, topi, e quant’altri  “non umani” a scopo di smistamento o allevamento negli appositi stabilimenti sia  praticamente continuo e costante in Italia.
            I media dovrebbero infatti pubblicare notizie del genere ogni settimana, o quasi, e non solo per gli arrivi, bensì anche per le “partenze”, ossia per l’invio dei “soggetti” ai laboratori di vivisezione, numerosissimi. Il motivo contingente è peraltro noto. Da alcuni mesi alcuni politici e attivisti si stanno preoccupando di porre un limite a tali “pratiche”  in Lombardia, anche a seguito dell’iter parlamentare riguardante il recepimento della direttiva 2010/63 sulla vivisezione, previsto entro fine anno. E solo ciò fa ovviamente notizia. Non possiamo peraltro che ringraziare chi si preoccupa per gli aspetti di tale angoscioso problema, ed auspicare di cuore che le loro iniziative  abbiano il miglior successo.
            I cani di Green Hill e le scimmie della Harlan sono certamente dei buoni argomenti per suscitare l’empatia e la compassione della popolazione verso una pratica così discussa e crudele quale la sperimentazione su animali non umani, obbligatoria a livello comunitario praticamente per ogni prodotto industriale. E si fa bene a manifestare contro di essa. Ma non solo per cani e scimmie, ovviamente, bensì anche per tutti gli altri non umani (gatti, gerbilli, pesci, topi, ratti, porcellini d’India, conigli e rane) che la suddetta direttiva (ed anche la precedente, dalla quale deriva la nostra legge nazionale sulla vivisezione) prevede come specie per le quali é obbligatorio (salvo deroghe come appunto le scimmie, per ora non ancora riproducibili in cattività)  ricorrere a soggetti allevati in stabilimenti speciali. Anche per poter avere materiale “puro” da utilizzare, ovviamente.
            Le proteste “ufficiali” si sono fino ad ora concentrate su Green Hill a Brescia e alla Harlan a Correzzana, invocando motivazioni tecniche, ossia la mancata tenuta dei registri regolamentari  e della microchippatura dei soggetti, nel primo caso, e la impossibilità di ospitare i primati negli stabilimenti attuali conformemente alle loro esigenze etologiche , nel secondo (v. Corriere della Sera del 26 febbraio 2012, Cronache, pag. 22).
            Tuttavia, la legge nazionale 116/92, all’Allegato 2, non prevede misure e regole “obbligatorie” per la tenuta degli allevamenti, come è noto, ma solo “raccomandazioni”. E la legge nazionale sul randagismo (281/91) e le disposizioni successive riguardanti gli “animali d’affezione” come la microchippatura obbligatoria per i cani (DPCM 2003) non pare si applichino alle leggi speciali (quale proprio quella sulla vivisezione). Difficile quindi perseguire tale strada. Ma tutto ciò che si può fare va ovviamente fatto.
            Ci auguriamo peraltro che oltre a denunciare molto giustamente i possibili illeciti nella “tenuta” degli animali non umani destinati alla vivisezione, ci si preoccupi anche di far modificare in fretta la direttiva 2010/63 che all’articolo 2, come denunciato nella “Lettera alle Istituzioni” firmata da numerose associazioni e da noi inviata ai destinatari (Gruppi Parlamentari e Governo) il 17 febbraio u.s. vieta agli Stati membri di apportare misure nazionali “più rigorose” a favore degli animali non umani utilizzati per la vivisezione (tranne quelle già in vigore al 9.11.2010)! Tale disposizione è paradossalmente stata inserita proprio in una norma che dovrebbe mirare (senza limiti) alla “protezione” di tali animali non umani,  ed è gravemente lesiva dei Trattati e della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione. Contro di essa andrebbe fatto ricorso dal Governo  presso il Tribunale della Corte di Giustizia della UE per l’ annullamento, o alla Commissione UE per la relativa proposta di modifica al Parlamento Europeo.
            In caso contrario, dal 2013 (ma in teoria fin dal novembre del 2010) non si potranno porre ulteriori ostacoli alla vivisezione, i cui fini “unici” ( in pratica, tutti) sono sanciti all’articolo 5 della direttiva stessa. Sarà pertanto molto difficile che uno Stato membro possa vietare non soltanto la vivisezione per taluni fini,  bensì anche non concedere le autorizzazioni previste per le strutture della “filiera” (allevamenti, laboratori, ecc..), visto quanto la direttiva prevede in merito all’articolo 20.
            Nel formulare i migliori auspici per le iniziative in corso, preghiamo quindi caldamente i nostri parlamentari ed il Governo di procedere urgentemente a perseguire le suddette iniziative a livello comunitario,  al fine di scongiurare il rischio, ormai molto prossimo, che l’Italia, come gli altri paesi europei, non possa legiferare autonomamente in merito a questioni etiche, seppur positive, riguardanti l’abolizione o anche la semplice limitazione della vivisezione nel prossimo futuro.
Massimo Terrile
Movimento Antispecista
Via Principale,11 – 20856 Correzzana (MB)
Tel. 039.6065817
E-mail: comunicazioni@antispec.org     

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