venerdì 27 aprile 2012

Il diritto personalissimo di scegliere come e quando morire non trova posto nella generalità dei varesini che si ritengono devoti al loro presunto dio che deciderà per loro


Da: lettere al direttore di Varesenews

VARESINI ILLUSI D’IMMORTALITÀ

Lunedì 23 aprile 2012 al salone estense di via Sacco a Varese si è svolto un “intenso e aperto” incontro con discussione sul diritto di vivere e di morire, con la partecipazione di Peppino Englaro, noto padre dell’ancor più nota Eluana. Nell’occasione è stato presentato il libro “Liberi di morire” del giornalista Carlo Troilo. L’evento, organizzato da UAAR, Ass. Luca Coscioni, ARCI e con ingresso libero, ha approfondito i diversi e delicati aspetti della medicina, del dolore, della morte e delle relative scelte disponibili per i malati terminali; il tutto ottimamente presentato con interventi competenti, coinvolgenti e con quel tanto di polemico e di sanguigno che si meritano il perbenismo o l’apatia politica e morale imperanti. Gli esperti, perfettamente moderati da Antonio d’Eramo, hanno evidenziato la latitanza, che diventa arretratezza, incompetenza e colpa della nostra attuale legislazione. Da noi non è ancora consentito alcun testamento biologico e alcun tipo “ufficiale” di eutanasia. Dunque nessuno può legalmente decidere oggi (per quando non potrà decidere domani) quale dovrà essere il comportamento delle istituzioni e dei parenti, sia nel caso che voglia il distacco oppure il mantenimento dei macchinari sul suo corpo ormai incosciente. Nella gran parte dei paesi europei e non solo, già si dispone a riguardo di una qualche legge, che, tutelando pienamente la liberta del singolo, prevede il rispetto delle sue decisioni, chiaramente scritte e firmate in piena coscienza. Accertato l’alto valore dell’incontro, non si capisce perché lo stesso non sia stato “fruito” in massa, visto che la platea non è andata oltre le quaranta persone. Pur non trovando alcun motivo valido (se non una lieve carenza informativa) per tanto disinteresse, che considero a dir poco scandaloso, provo a proporne almeno due non so se più patetici o più vergognosi e in ogni caso inammissibili. Il primo è l’avversione epidermica di larga parte di varesini verso le iniziative di pensiero e di cultura, che diventa puro ribrezzo se “sanno” di comunismo (Arci), di radicalismo o di ateismo (Uaar). Il secondo, ben più decisivo visto l’argomento, è che la stragrande maggioranza dei varesini (ottantamila cittadini più qualche centinaio di migliaia di provinciali contro quaranta) ha disertato perché si considera esente da tali problemi, giacché ritiene evidentemente di essere assolutamente ….. immortale.

guido.martinoli@libero.it

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