La lettera di un'antispecista
Gentilissim*,
il prossimo 27 Gennaio, per il quattordicesimoanno si celebra il Giorno della Memoria,
una ricorrenza ancora troppo giovane per dirsi consolidata, soprattutto
a fronte delle frequenti dimostrazioni di odio razziale, talvolta
accompagnate dalla nascita di partiti e movimenti ispirati al
nazifascismo.
Chiunque
di noi, almeno negli anni della scuola, ha studiato o letto qualcosa
sulla Shoa ma niente è più istruttivo delle testimonianze dirette delle
vittime e dei sopravvissuti che ci offrono un quadro incredibilmente
drammatico del dolore che la storia ha loro riservato, a ognuno il suo,
da accomunare in un dolore universale.
Ogni
vittima merita un rispettoso ricordo e ogni sopravvissuto dovrebbe
essere assunto ancora oggi come fonte preziosa di testimonianza,
soprattutto nelle scuole dove si trova sempre meno tempo per insegnare
la storia recente.
Da
antispecista, oltre che antirazzista, sono rimasta particolarmente
colpita dalle testimonianze di alcuni perseguitati che, sopravvissuti
alla non vita dei lager, hanno trovato una forza ammirevole per
dedicarsi alla causa di liberazione animale. Chi dedica la propria vita
ai senza voce viene spesso accusato di superficialità: con tutti i
problemi che ci sono, pare che dedicarsi agli animali sia una sorta di
passatempo per distrarsi da tutto il resto, cioè i cosiddetti problemi
“più importanti”. Spesso non si riflette che la radice della violenza
(uno dei problemi “più importanti”) è una sola: il diritto del più forte
sul più debole. Gli animali ne sono testimoni emblematici, come lo sono
i sopravvissuti dei lager che hanno subìto ciò che da secoli moltissimi
animali subiscono, regolarmente sfruttati, percossi, affamati,
sperimentati, schiavizzati, privati sistematicamente della loro dignità.
Mark Berkowitz,
sopravvissuto dopo essere stato internato bambino ad Auschwitz, oggetto
sperimentale, insieme alla sorella gemella, degli studi di Joseph
Mengele, in occasione di un incontro in difesa delle oche canadesi dice:
“Anch’io sono stato un’oca”: una frase laconica che si commenta da sola.
Steward David, sopravvissuto all'Olocausto nazista, è diventato attivista per i diritti degli animali e scrive “Da
ebreo cristiano cresciuto in un quartiere pieno di sopravvissuti
dell'Olocausto e di gente che ha perduto i suoi cari, non penso di
banalizzare il loro dolore. Ma non sono forse i macelli, gli allevamenti
intensivi e i laboratori di ricerca, così accuratamente nascosti alla
nostra vista, le Auschwitz di oggi? Dolore, violenza e sofferenza sono
più accettabili solo perché inflitti ad animali innocenti che a persone
innocenti?”
Alex Hershaft, anch’egli sopravvissuto all'Olocausto nazista, professore polacco, vegetariano dal 1962, scrive“Nel
pieno della nostra vita edonistica, ostentata e tecnologica, tra gli
splendidi monumenti della storia, dell'arte, della religione e del
commercio, esistono delle "scatole nere". Queste "scatole nere" sono i
laboratori di ricerca biomedica, gli allevamenti e i macelli: aree
separate, anonime, dove la nostra società conduce i suoi sporchi affari
fatti di violenza e sterminio di innocenti esseri senzienti. Queste sono
le nostre Dachau, Buchenwald e Birkenau. Come i bravi cittadini
tedeschi, abbiamo le idee chiare su cosa accade lì dentro, ma non
vogliamo saperne nulla.”.
E’
vero: non vogliamo saperne nulla. E chi si adopera per saperne qualcosa
di più è considerato un estremista, un sovversivo… come se esistessero
metodi all’acqua di rosa per scoprire il marcio che si nasconde dietro
certi sistemi di sfruttamento.
In una manifestazione dell’Ottobre 2012 davanti a un macello di Los Angeles, lo stesso Hershaft afferma: "Ovviamente
non sto equiparando i milioni di miei coraggiosi connazionali uccisi
tragicamente nel 1940 ai milioni di maiali macellati ogni settimana per
le tavole degli Stati Uniti, perché certamente ci sono molte differenze.
Tuttavia, ciò che ci accomuna è la capacità di amare e di provare molte
emozioni, come l'affetto, la gioia, la tristezza, la paura…Io vedo un
parallelo sorprendente tra le menti dei due grandi oppressori: la loro
immagine come membri onorevoli della società, l'abietta oggettivazione
delle loro vittime, l'uso spietato dei carri bestiame per il trasporto,
il perfezionamento continuo della tecnologia della linea di esecuzione,
la costante attenzione al rapporto costi-benefici, il loro desiderio di
nascondere e mascherare le azioni orribili di cui si sono resi, e si
rendono tuttora, responsabili".
Edgar Kupfer-Koberwitz,
scrittore e pacifista tedesco ebreo, sopravvissuto al campo di
concentramento di Dachau, fa un inevitabile parallelo tra la violenza
sugli animali umani e su quelli non umani “Io penso che gli uomini
saranno uccisi e torturati fino a quando gli animali saranno uccisi e
torturati e che fino allora ci saranno guerre, poiché l'addestramento e
il perfezionamento dell'uccidere deve essere fatto moralmente e
tecnicamente su esseri piccoli”. Riguardo la sua dieta alimentare vegetariana dichiara: “Non
mangio animali perché non voglio vivere sulla sofferenza e sulla morte
di altre creature… Io stesso ho sofferto così tanto che riesco a sentire
la sofferenza delle altre creature grazie a questa”.
Molti
altri intellettuali perseguitati ed esiliati dal nazismo, pur non
avendo vissuto nei campi di concentramento, hanno speso energie in
difesa della causa animale.
Tra questi il filosofo e musicologo tedesco Theodor Wiesengrund Adorno, che con l'avvento del nazismo fu costretto all’esilio, prima ad Oxford e poi negli Stati Uniti, scrive: “Auschwitz inizia quando si guarda a un mattatoio e si pensa: sono soltanto animali”.
Isaac Bashevis Singer,
scrittore polacco ebreo, premio Nobel per la Letteratura e vegetariano,
per fuggire alla minaccia antisemita, nel 1935 emigra negli Stati
Uniti e dopo quell’esperienza ricorda: “Ciò che i nazisti hanno fatto agli Ebrei, gli umani lo stanno facendo agli animali.” Ed è interessante la sua visione del mondo per nulla antropocentrica: “Si
sono convinti che l'uomo, il peggior trasgressore di tutte le specie,
sia il vertice della creazione: tutti gli altri esseri viventi sono
stati creati unicamente per procurargli cibo e pellame, per essere
torturati e sterminati. Nei loro confronti tutti sono nazisti; per gli
animali Treblinka dura in eterno.”
Max Horkheimer,
filosofo tedesco di origine ebraica, costretto nel 1933 a fuggire in
Svizzera e poi negli Stati Uniti, ci ha lasciato una delle pagine più
toccanti, che ho sentito citare anche da un economista in una conferenza
che trattava di economia (non di animalismo), perché offre un ritratto
crudo ma purtroppo vero di come è strutturata la nostra società,
purtroppo rimasta per certi aspetti inquietanti a quella del 1926-31,
anni a cui risale l’opera “Crepuscolo”, da cui è tratto questo brano, “Il grattacielo”. “Vista
in sezione, la struttura sociale del presente dovrebbe configurarsi
all'incirca così: su in alto i grandi magnati dei trust dei diversi
gruppi di potere capitalistici che però sono in lotta tra di loro; sotto
di essi i magnati minori, i grandi proprietari terrieri e tutto lo
staff dei collaboratori importanti; sotto di essi - suddivise in singoli
strati - le masse dei liberi professionisti e degli impiegati di grado
inferiore, della manovalanza politica, dei militari e dei professori,
degli ingegneri e dei capoufficio fino alle dattilografe; ancora più giù
i residui delle piccole esistenze autonome, gli artigiani, i bottegai, i
contadini e tutti quanti, poi il proletariato, dagli strati operai
qualificati meglio retribuiti, passando attraverso i manovali fino ad
arrivare ai disoccupati cronici, ai poveri, ai vecchi e ai malati. Solo
sotto tutto questo comincia quello che è il vero e proprio fondamento
della miseria, sul quale si innalza questa costruzione, giacché finora
abbiamo parlato solo dei paesi capitalistici sviluppati, e tutta la loro
vita è sorretta dall'orribile apparato di sfruttamento che funziona nei
territori semi-coloniali e coloniali, ossia in quella che è di gran
lunga la parte più grande del mondo. Larghi territori dei Balcani sono
una camera di tortura, in India, in Cina, in Africa la miseria di massa
supera ogni immaginazione. Sotto gli ambiti in cui crepano a milioni i
coolie della terra, andrebbe poi rappresentata l'indescrivibile,
inimmaginabile sofferenza degli animali, l'inferno animale nella società
umana, il sudore, il sangue, la disperazione degli animali. Questo
edificio, la cui cantina è un mattatoio e il cui tetto è una cattedrale,
dalle finestre dei piani superiori assicura effettivamente una bella
vista sul cielo stellato”.
Io
mi auguro che quel cielo stellato possa un giorno essere contemplato da
tutti gli animali, umani e non umani, e che di quel giorno si mantenga
memoria.
Cordiali saluti.
Paola Re
Via Virginio Arzani n.47
15057 Tortona (AL)
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