Un cittadino residente presso Malpensa ha fatto causa e l'ha
vinta.
SEA dovrà
pagargli un risarcimento di 8 milioni per gravi danni da inquinamento subiti
dalla sua area boschiva nel Parco del Ticino
...
Fonte: Il Fatto Quotidiano http://www.ilfattoquotidiano.it
Malpensa, Sea condannata a pagare 8 milioni.
Per la morte di 100 mila piante.
Causa pilota di un cittadino che
si era stabilito nel Parco Naturale del Ticino "invaso"
dall'inquinamento dei residui di carburante. Il Ministero dell'Ambiente aveva fornito una valutazione
sulla base di ispezioni del Corpo Forestale dello Stato in cui parlava
chiaramente di “disastro ambientale. Responsabile
anche il ministero dei Trasporti di Thomas Mackinson.
Una tegola da otto milioni di euro sulla Sea. Un'ingombrante pronuncia per il piano di
espansione di Malpensa e una nuova ombra sulla vendita ai privati già
contestatissima. La seconda sezione civile della
Corte d'Appello
di Milano ha condannato il gestore aeroportuale milanese, in solido con il Ministero dei
Trasporti, per danno alla proprietà e ha perfino aumentato la
liquidazione dell'indennità da 5 a
quasi 8 milioni di euro. Le motivazioni della sentenza saranno
depositate a giorni, ma la pronuncia dei giudici in secondo grado mette un
carico pesante sulla Sea, sul suo passato e soprattutto sul futuro.
La vicenda risale
al lontano 1999, quando il proprietario di un’area
boschiva di 220 ettari sorvolata dagli aerei in decollo osserva i segni
evidenti di un inquinamento devastante per le piante. Lì, in località “Tre Pini”, il signor Umberto Quintavalle aveva stabilito la sua residenza con la volontà
di valorizzare la proprietà con un progetto compatibile con le funzioni del
Parco Naturale del Ticino. Con le piante che muoiono, una dopo l'altra,
è costretto invece ad accantonare per sempre il progetto. Ma lui non
si dà per vinto perché, dopo una serie di accertamenti, appare credibile che la morìa di
100mila piante sia da collegare ai residui incombusti del carburante degli
aerei in decollo da Malpensa. Così scatta una causa-pilota che, al
tempo, sembrava temeraria: un
cittadino solo contro i giganti della Sea e del Ministero e un’azione legale che apriva scenari nuovi
sul fronte della compatibilità tra grandi infrastrutture del trasporto
aereo e l’ambiente. Peggio, metteva in
discussione le scelte degli amministratori lombardi che per anni hanno
fatto di Malpensa una bandiera politica ed economica. A giudizio
finisce l'origine
stessa dell'aeroporto lombardo, realizzato nel 1998 all'interno del Parco del Ticino, una riserva naturale
protetta da norme nazionali e comunitarie. In aula Sea tira dritto,
nega la responsabilità e contesta ogni addebito. Seguono quattro
anni di perizie, analisi e controanalisi. Nel 2008
la sentenza di primo grado del giudice La Monica stabilisce le ragioni del
proprietario e il risarcimento in quattro milioni di euro. Sea impugna la
sentenza e la guerra legale riparte da capo. Si arricchisce però di
alcuni colpi di scena che sembrano rafforzare Davide e indebolire il gigante
Golia. Il 7 ottobre 2010 è il Ministero dell'Ambiente a fornire una valutazione sulla base di ispezioni del Corpo Forestale dello Stato e a parlare
chiaramente di disastro ambientale.
Anche i comuni cosiddetti “di sedime, che sono interessati a decolli e atterraggi si mobilitano e commissionano studi epidemiologici sugli effetti dell'inquinamento acustico e da
idrocarburi sulle persone. Lo
fa, ad esempio, il Comune di Casorate che affida
all'Asl di Varese un’analisi dei dati clinici di 12 anni
(1997-2009). Il risultato
è un aumento della mortalità per malattie respiratorie del
54,1% e un balzo nei ricoveri ospedalieri pari al 23,8%, contro medie per
tutta la provincia del 14 e del 7,8%. Dati alla mano, il comune farà un esposto in Procura. L'Università Cattolica di Brescia si cimenta nell'analisi
della qualità dell'aria. E ancora una volta mette in croce Malpensa. Si tratta di in un campionamento dei valori inquinanti con
diverse postazioni nei comuni intorno all'aeroporto. I risultati sono stati presentati un anno
fa e segnalano la criticità raggiunta da alcuni inquinanti
cancerogeni come il benzopirene. Anche questi dati
sono stati ignorati dagli enti preposti alla tutela dell'ambiente e della salute, mentre sul territorio si muovevano comitati
ambientalisti sistematicamente inascoltati.
Perfino l'Europa, e siamo a due anni
fa, ha messo la vicenda nel suo puntatore e ha aperto un’istruttoria
che potrebbe finire in procedura di infrazione per l'Italia. Con tanto di multa.
A mettere un punto fermo a 13 anni di contese arriva oggi la seconda condanna per
la Sea. Non è la parola fine, c'è sempre la Cassazione. Ma l'avvocato Elisabetta Cicigoi,
che ha difeso Quintavalle insieme ai
colleghi Matteo Majocchi e Gianluca Gariboldi, sembra fiduciosa anche se attende di leggere la motivazione della
sentenza. Spiega che è sicuramente una pronuncia importante: è l'epilogo di una battaglia che si è
svolta in un aula di tribunale su basi giuridiche e con dati scientifici
accertati da quattro anni di perizie; ma ribadisce anche l'inviolabilità di alcuni vincoli giuridici
di rilievo pubblico fondamentali. Su tutti, l'obbligo per
gli amministratori che intendono realizzare
infrastrutture di questa portata e complessità a valutare correttamente le localizzazioni
e a mettere in campo concreti strumenti di mitigazione e misure compensative.
Cosa che, evidentemente, a Malpensa non
è stata fatta a dovere.
E’ presto per dire se la decisione avrà effetti su altre proprietà o
sulle azioni legali intraprese dai comuni che si considerano danneggiati.
Magari su altre aree aeroportuali italiane dove da anni
si tenta inutilmente di far sentire la voce dell'ambiente e della salute. Certo la condanna pesa sul tavolo della politica che sta
andando nella direzione contraria di un ulteriore ampliamento di Malpensa,
con polo
logistico e terza pista, e di una
cessione di proprietà e controllo verso i privati che la giunta di Giuliano
Pisapia cerca a tutti i costi pur di salvare i conti del Comune.
News GEVAM n. 45 del 22-06-2012
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