lunedì 2 settembre 2013

L'ALIMENTAZIONE VEGANA E I DIRITTI DEGLI ANIMALI - UNA QUESTIONE COMPLESSA.




VEGANISMO: UNA NECESSITA’. MA PER CHI?
C’è chi riporta
Una goliardata:
Mangiamoci un vegano. E' alimentato ad erba, ecologico, non cancerogeno e a differenza delle lumache non lo devi mettere nel secchio con la menta per due giorni a spurgarlo. E' già pronto per l'uso.

Un opinione antropocentrica alquanto diffusa:
1) Tutto quello che mangiamo è pericoloso.
2) Possiamo solo tentare di limitare i danni ma non potremo mai avere cibo sano.
3) La sovrappopolazione è la causa principale del problema.
4) La speculazione commerciale è la seconda causa.

Oppure

Se potessi, la mia alimentazione sarebbe: 10% carne rossa, 10% carne bianca, 10% pesce, 30% farinacei, 40% verdure.

Alcune mie considerazioni
Opinioni come quelle esposte sopra non possono che confermare la “giusta” risposta, frutto della cultura che ci è stata data. Altri esempi significativi denotano come noi attraverso l’ideologia dei valori umani,  impostata dai potenti di ogni tempo (laici e religiosi), ci è stata propinata. La suddivisione di 10% carne rossa, 10% carne bianca, 10% pesce, 30% farinacei, 40% verdure non evidenzia il soggetto animale ma solo parte del loro organismo o un gruppo specifico: i pesci. Ed è evidente che quando si parla di animali in questo modo si parla solo per individuare una fonte di alimentazione: addirittura il 30%. E’ vero che piatti veloci come ajo, ojo e peperoncino possono sopperire ai tempi lunghi di preparazione rispetto a quelli con la carne o alternativamente con proteine vegetali (in genere i legumi). Possiamo trovarne altri e ce ne sono a centinaia, senza animali. Occorre solo la volontà di prepararli.  Purtroppo noi oggi (io ne sono uscito solo da qualche anno e spero di rimanerci per la difesa degli animali, compreso l’uomo, e del nostro pianeta) continuiamo a comportarci (seguiamo la tradizione imposta dai carnefici) come vuole chi sfrutta la situazione della nostra ignoranza impartita (ignoranza sui processi, non solo di produzione, ma di costruzione dell’imperialismo, così direbbero Marx e Lenin. Ignoranza dettata dalla cultura del falso amore (le famose “radici cristiane” ma non solo) che, come si sa è quella religiosa. Falso amore, perché è anch’essa basata sull’antropocentrismo: l’uomo “ad immagine e somiglianza di dio” e non sul rapporto interspecifico. Perché il rapporto d’amore si esprime quando ci sono almeno due individui, umani e non umani, e non tra sé e sé.  Ma chi decide qual’è la cultura utile per l’uomo? Si sa: chi si trova a gestire il potere, in un determinato tempo, opprimendo, sfruttando e discriminando i sottoposti.
L’esempio riportato nella storia di Ipazia nel film “Agorà”, secondo me tratteggia bene la realtà di quel  periodo orrendo (IV secolo e successivi). Il regista ha potuto dimostrare pubblicamente per la prima volta come si è sviluppata l’arroganza della religione cristiana, finalizzata alla presa del potere temporale del cristianesimo del falso amore e lo sterminio di centinaia e migliaia di pagani tra cui la scienziata atea Ipazia che non ha voluto aggregarsi al carro della maggioranza vincente e arrogante. Altro che diffondere la parola di un dio inesistente!  E oggi purtroppo ci ritroviamo ancora con questa cultura. Una cultura che non ha mai tenuto conto del rapporto etico tra umani e non umani (e non avrebbe potuto, perche l’inesistente dio aveva sentenziato  che l’uomo era il custode e il responsabile di tutti gli animali della terra; ma questo dopo il diluvio universale. Prima del diluvio la pensava esattamente all’opposto: gli animali, essendo sue creature nessuno poteva né ucciderli né mangiarli: e questo sempre detto da lui. Gli uomini dovevano mangiare solo bacche, funghi, frutti ed erbe. Come sempre io affermo che se esistesse, sarebbe un dio schizofrenico e ovviamene uno spietato criminale per tutte le morti dirette e indirette che ha provocato. Ma questa è un’altra “storia”. Il punto è che se la questione dell’alimentazione carnivora aveva un senso, in particolare per chi comandava, per gli altri c’erano solo bacche, funghi, frutti, erbe e, se andava bene qualche uovo di uccelli resi “galline e galli da cortile” dalle pretese umane giustificate dai potenti (capi tribù. clan, sacerdoti, ecc.) in quanto solo loro potevano andare a caccia e disporre di animali da sacrificare e mangiare. Si può obiettare che anche l’uomo primitivo, che ha vissuto in tempi precedenti a quello storico, andava a caccia. E’ vero. Ma la scienza paleontologica, attraverso la ricerca sul campo, è venuta a conoscenza che l’uomo è diventato carnivoro solo un milione di anni fa (riscontri fossili) dopo essere stato predato da altri carnivori,  inizialmente rubando i residui di carne rimasti sulle carcasse dei grandi predatori. Insieme ma anche precedentemente a questo periodo, si è scoperto che l’alimentazione di un “cespuglio” di ominidi africani era vegetariano (il Gorilla, scimmia di notevoli dimensioni  era ed è ancora vegetariano. Queste scoperte sono di poche decine di anni fa. Ed hanno fatto fatica ad emergere, proprio perché non si dovevano diffondere. Perché? Per motivi culturali legati anche e soprattutto agli interessi economici. Perché il mondo della macellazione, prima locale (la macelleria sotto casa) e poi globale, collegato alle multinazionali dell’alimentazione, allevamento, distribuzione e agli alti profitti che si generano, ha prodotto ormai da qualche centinaio di anni il settore ECONOMICO degli animali DA REDDITO. La pubblicità martellante giornaliera che passa in tv, radio, giornali, siti internet, volantinaggio porta a porta e cartellonistica stradale lo prova abbondantemente. Se si tocca o s’impedisce di far soldi con gli animali “da reddito” (quelli che ci hanno insegnato a mangiare) si è un uomo morto o espulso dalla comunità “cristiana” e “laica”. E lo sanno anche molte Associazioni animaliste, protezioniste e anche antivivisezioniste, insieme ai medici ufficiali della “cultura veterinaria”, necessaria ai controlli ai fini della “nostra salute”. Non viene detto che questi controlli servono soprattutto per garantire il non risarcimento di eventuali danni provocati da carni infette alla salute umana. Danni che potrebbero essere richiesti dai consumatori ai capitalisti che speculano e sfruttano altre vite senzienti. Controlli che si ripropongono allo stesso modo, senza evidenziare la stessa motivazione sottostante, fatta valere per le “cavie” degli istituti pseudoscientifici, dove si sacrificano inutilmente gli animali. E le associazioni cosiddette animaliste o protezionistiche non lo evidenziano più di tanto, altrimenti perdono il ruolo che il potere del capitale ha loro assegnato o riconosciuto come Associazioni che “difendono gli animali”. Cosa voglio dire. Voglio dire che senza un’analisi storica della ricerca scientifica sulla conoscenza degli altri viventi animali non si può decidere liberamene ma solo “tradizionalmente” come ci è stato insegnato. E la ricerca scientifica ci ha dimostrato che ogni specie vivente ha una sua intelligenza che serve alla sua sopravvivenza come ha dei sentimenti base simili a quelli umani (paura, amore, felicità, rispetto, ecc. ma non l’odio, l’invidia e la vendetta tipicamente e abominevolmente umani). La maggioranza degli umani ne sa qualcosa di questa questione del rapporto sconosciuto o nascosto uomo-animali? Sicuramente no. E comunque anche se si sapesse è difficile cambiare il proprio stile di vita dopo che ti hanno inculcato dalla più tenera età i VALORI DELL’”UOMO” SENZA PERALTRO DIRTI CHE SIAMO ANIMALI ANCHE NOI. Anzi bisogna nasconderlo, guai a dirlo a scuola. Anche se io lo affermo, con la specificazione che siamo una specie diversa per molti aspetti dalle altre, peraltro tutte diverse tra loro, ma con alcuni elementi comuni: l’intelligenza di specie e alcuni sentimenti di base. Riflettiamo e pensiamo se sia ancora corretto stare nella “tradizione” o iniziare un cambiamento epocale per il pianeta, pensando anche agli altri non umani e a quello che vorremmo lasciare alle nuove generazioni.

P.S. - Ringrazio un amico in FB che mi ha dato l’occasione di esprimere questa riflessione.

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