Buono ma insufficiente il ricorso del governo Monti. Una equa politica infrastrutturale,
dalle vere radici cristiane, imporrebbe
per lo meno l’affermazione del valore della giustizia. Chi sbaglia paga. Si approvi una legge
nazionale che preveda finalmente che CHI “SBAGLIA” PAGA. Le multe della
comunità europea
SIANO
PAGATE DIRETTAMENTE DAI POLITICI CHE HANNO APPROVATO, ABUSANDO DEL LORO POTERE, anche dichiarando o certificando falsamente, NORME
CONTRARIE ALLE DIRETTIVE EUROPEE E/O ALLE LEGGI STATALI.
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Ministero per i rapporti con le regioni e la coesione territoriale
Approvazione del
piano di cattura dei richiami vivi per la stagione venatoria 2011/2012
ai sensi della
legge regionale 5
febbraio 2007, n. 3 "Legge quadro sulla cattura dei richiami vivi"(26-09-2011)
Regione: Lombardia
Estremi: legge n.16 del 26-09-2011
Bur: n. 39 del 29-09-2011
Settore: Politiche infrastrutturali
Delibera C.d.M. del: 21-11-2011 / Impugnativa
Motivi
dell'impugnativa: La legge, che approva il piano di cattura dei richiami vivi per la stagione venatoria 2011/2012, ai sensi della legge
regionale 5 febbraio 2007, n.3 (Legge
quadro sulla cattura di richiami vivi), presenta diversi aspetti
di illegittimità costituzionale.
In via
preliminare, si rappresenta che la
scelta dello strumento legislativo per dettare tale disciplina anziché
dell'atto amministrativo rappresenta una violazione della normativa statale
di riferimento, in quanto, come anche ribadito dalla Corte Costituzionale nella
sentenza n. 250 del 25/06/2008, l'esercizio delle deroghe con legge provvedimento preclude l'esercizio del potere di annullamento da
parte del Consiglio dei Ministri di cui all'art. 19 bis della legge 157/92, "finalizzato a garantire una
uniforme ed adeguata protezione della fauna selvatica su tutto il territorio
nazionale". Inoltre, nonostante
le regioni abbiano una competenza in materia di
autorizzazione alla approvazione del piano
di cattura dei richiami vivi, secondo quanto disposto dall'art. 4,
comma 3 della l. 157/1992, tale potestà deve essere esercitata, ai sensi dell'art. 117,
comma 1, della Costituzione, nel rispetto del diritto comunitario nonché dei principi
stabiliti dal legislatore statale con la normativa su richiamata, contenente gli standards minimi ed uniformi
di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, di competenza esclusiva statale,
secondo quanto disposto dall' art. 117, comma 2, lettera s, Cost. Sulla base di
tali premesse è censurabile l'art. 1
della legge in esame per le seguenti ragioni:
1) In primo
luogo, l'autorizzazione alla cattura delle
specie indicate nell'Allegato A avviene in assenza dei presupposti e delle
condizioni poste dall'art. 9 della dir. 2009/147/CE, configurandosi,
pertanto, la chiara violazione del vincolo comunitario, di cui all'art. 117,
comma 1, Cost. Infatti, la direttiva su richiamata subordina la possibilità di
autorizzare in deroga la cattura di determinate specie di uccelli in piccole
quantità alla comprovata assenza di altre soluzioni soddisfacenti, al rispetto
di condizioni rigidamente controllate e all'impiego di modalità selettive in
modo che le catture vengano effettuate solo nella misura in cui siano
strettamente necessarie a soddisfare le richieste del mondo venatorio.
2) In
secondo luogo la normativa in esame, disponendo
l'autorizzazione del piano di cattura dei richiami vivi per la stagione
venatoria in corso, in assenza del parere favorevole dell'ISPRA,
contrasta con l'art. 4, comma 3 della l. 157/1992 che richiede espressamente il
suddetto parere. Infatti la disciplina dettata dalla citata norma statale
prevede che il ricorso al regime di deroga implica la necessità di attenersi a
quanto previsto dall'art. 9, della direttiva n. 2009/147/CE, che prevede la
possibilità di autorizzare deroghe "per consentire in condizioni
rigidamente controllate e in modo selettivo la cattura, la detenzione o altri
impieghi misurati di determinati uccelli in piccole quantità",
subordinandole alla comprovata assenza di altre soluzioni soddisfacenti.
Pertanto l'ISPRA (ex INFS), nello svolgere il compito di "certificazione e
controllo" dell'attività degli impianti assegnatogli dalla legge statale
indica alle diverse regioni interessate la necessità di rispettare alcuni
presupposti essenziali per ottemperare agli obblighi derivanti dalla normativa
comunitaria.
3) Infine, la motivazione posta a corredo dell'autorizzazione del
piano di cattura regionale non appare rispettare il vincolo comunitario e
nazionale che prevede l'obbligo motivazionale che faccia riferimento esplicito
e adeguatamente circostanziato alla sussistenza di tutte le condizioni
prescritte dall'art. 9, paragrafi 1 e 2, tra cui il vaglio di soluzioni
alternative. Infatti, l'affermazione regionale secondo cui "gli allevamenti
presenti sul territorio regionale non sono in grado di soddisfare le richieste
dei richiami da parte dei cacciatori e che, pertanto, l'unica soluzione perseguibile,
per quanto da accompagnarsi con la riproduzione in cattività, pare essere
quella della cattura di esemplari viventi allo stato naturale" non
è sufficiente a chiarire perché una campagna di allevamento in cattività,
tempestivamente promossa e realizzata, non sia idonea a fornire il fabbisogno necessario di
richiami vivi, così come rilevato già dalla Corte
Costituzionale nella sentenza n. 190 del 2011 che ha giudicato illegittima
analoga disposizione della stessa Regione Lombardia riferita alla passata
stagione venatoria. Si ricorda, infatti , che la Corte
Costituzionale, con sentenza n. 266/2010 ha dichiarato illegittima la legge
della stessa regione Lombardia n. 19/09, impugnata dal Governo e con sentenza
n.190 del 2011 ha dichiarato illegittima la legge
regionale n. 16 del 2010, dagli analoghi contenuti, leggi regionali riferite alle stagioni venatorie
2009/2010 e 2010/11.
La norma regionale quindi, oltre a violare il giudicato costituzionale con riferimento
alle citate sentenze, si pone in contrasto con l'art. 117, comma 1 della
Costituzione, non rispettando i vincoli comunitari, e viola altresì la
competenza esclusiva statale in materia di tutela dell'ambiente e
dell'ecosistema, di cui all' art. 117, comma 2, lettera s, Cost. Per le ragioni su esposte si ritiene di
sollevare la questione di legittimità costituzionale dinanzi alla Corte
costituzionale, ai sensi dell'art. 127 Cost. Considerato, inoltre, che con la recente
sentenza della Corte di Giustizia Cee in causa C-164/09, la Repubblica Italiana
è stata condannata a causa di una deroga immotivata agli artt 5/8 della
Direttiva 79/409/CEE , circa le specie cacciabili, operata da una
legge regionale del Veneto, si ritiene che ricorrano i presupposti per la sospensione
dell'esecuzione delle norme impugnate di cui all'articolo 35 della
legge n.87/1953, così come modificato dall'articolo 9, comma 4, della legge n.
131/2003. Infatti, poiché la stagione di
caccia si chiude, per le specie oggetto delle norme regionali in esame , tra il
31 dicembre 2011 e il 31 gennaio 2012, quindi ben prima della ragionevole
conclusione del giudizio, sussistono il fumus
boni juris e il periculum in mora
di cui all'art 35 L 87/53, consistente nel rischio, irreparabile, di una condanna della
Repubblica Italiana.
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