mercoledì 23 novembre 2011

RICHIAMI VIVI, SCHIAVI DEI CACCIATORI UMANI



Buono ma insufficiente il ricorso del governo Monti. Una equa politica infrastrutturale, dalle vere radici cristiane, imporrebbe per lo meno l’affermazione del valore della giustizia. Chi sbaglia paga. Si approvi una legge nazionale che preveda finalmente che CHI “SBAGLIA” PAGA. Le multe della comunità europea
SIANO PAGATE DIRETTAMENTE DAI POLITICI CHE HANNO APPROVATO, ABUSANDO DEL LORO POTERE, anche dichiarando o certificando falsamente, NORME CONTRARIE ALLE DIRETTIVE EUROPEE E/O ALLE LEGGI STATALI.
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Ministero per i rapporti con le regioni e la coesione territoriale
Approvazione del piano di cattura dei richiami vivi per la stagione venatoria 2011/2012 ai sensi della
legge regionale 5 febbraio 2007, n. 3 "Legge quadro sulla cattura dei richiami vivi"(26-09-2011)
Regione: Lombardia
Estremi: legge n.16 del 26-09-2011
Bur: n. 39 del 29-09-2011
Settore: Politiche infrastrutturali

Delibera C.d.M. del: 21-11-2011 / Impugnativa

Motivi dell'impugnativa: La legge, che approva il piano di cattura dei richiami vivi per la stagione venatoria 2011/2012, ai sensi della legge regionale 5 febbraio 2007, n.3 (Legge quadro sulla cattura di richiami vivi), presenta diversi aspetti di illegittimità costituzionale.
In via preliminare, si rappresenta che la scelta dello strumento legislativo per dettare tale disciplina anziché dell'atto amministrativo rappresenta una violazione della normativa statale di riferimento, in quanto, come anche ribadito dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 250 del 25/06/2008, l'esercizio delle deroghe con legge provvedimento preclude l'esercizio del potere di annullamento da parte del Consiglio dei Ministri di cui all'art. 19 bis della legge 157/92, "finalizzato a garantire una uniforme ed adeguata protezione della fauna selvatica su tutto il territorio nazionale". Inoltre, nonostante le regioni abbiano una competenza in materia di autorizzazione alla approvazione del piano di cattura dei richiami vivi, secondo quanto disposto dall'art. 4, comma 3 della l. 157/1992, tale potestà deve essere esercitata, ai sensi dell'art. 117, comma 1, della Costituzione, nel rispetto del diritto comunitario nonché dei principi stabiliti dal legislatore statale con la normativa su richiamata, contenente gli standards minimi ed uniformi di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, di competenza esclusiva statale, secondo quanto disposto dall' art. 117, comma 2, lettera s, Cost. Sulla base di tali premesse è censurabile l'art. 1 della legge in esame per le seguenti ragioni:
1) In primo luogo, l'autorizzazione alla cattura delle specie indicate nell'Allegato A avviene in assenza dei presupposti e delle condizioni poste dall'art. 9 della dir. 2009/147/CE, configurandosi, pertanto, la chiara violazione del vincolo comunitario, di cui all'art. 117, comma 1, Cost. Infatti, la direttiva su richiamata subordina la possibilità di autorizzare in deroga la cattura di determinate specie di uccelli in piccole quantità alla comprovata assenza di altre soluzioni soddisfacenti, al rispetto di condizioni rigidamente controllate e all'impiego di modalità selettive in modo che le catture vengano effettuate solo nella misura in cui siano strettamente necessarie a soddisfare le richieste del mondo venatorio.
2) In secondo luogo la normativa in esame, disponendo l'autorizzazione del piano di cattura dei richiami vivi per la stagione venatoria in corso, in assenza del parere favorevole dell'ISPRA, contrasta con l'art. 4, comma 3 della l. 157/1992 che richiede espressamente il suddetto parere. Infatti la disciplina dettata dalla citata norma statale prevede che il ricorso al regime di deroga implica la necessità di attenersi a quanto previsto dall'art. 9, della direttiva n. 2009/147/CE, che prevede la possibilità di autorizzare deroghe "per consentire in condizioni rigidamente controllate e in modo selettivo la cattura, la detenzione o altri impieghi misurati di determinati uccelli in piccole quantità", subordinandole alla comprovata assenza di altre soluzioni soddisfacenti. Pertanto l'ISPRA (ex INFS), nello svolgere il compito di "certificazione e controllo" dell'attività degli impianti assegnatogli dalla legge statale indica alle diverse regioni interessate la necessità di rispettare alcuni presupposti essenziali per ottemperare agli obblighi derivanti dalla normativa comunitaria.
3) Infine, la motivazione posta a corredo dell'autorizzazione del piano di cattura regionale non appare rispettare il vincolo comunitario e nazionale che prevede l'obbligo motivazionale che faccia riferimento esplicito e adeguatamente circostanziato alla sussistenza di tutte le condizioni prescritte dall'art. 9, paragrafi 1 e 2, tra cui il vaglio di soluzioni alternative. Infatti, l'affermazione regionale secondo cui "gli allevamenti presenti sul territorio regionale non sono in grado di soddisfare le richieste dei richiami da parte dei cacciatori e che, pertanto, l'unica soluzione perseguibile, per quanto da accompagnarsi con la riproduzione in cattività, pare essere quella della cattura di esemplari viventi allo stato naturale" non è sufficiente a chiarire perché una campagna di allevamento in cattività, tempestivamente promossa e realizzata, non sia idonea a fornire il fabbisogno necessario di richiami vivi, così come rilevato già dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 190 del 2011 che ha giudicato illegittima analoga disposizione della stessa Regione Lombardia riferita alla passata stagione venatoria. Si ricorda, infatti , che la Corte Costituzionale, con sentenza n. 266/2010 ha dichiarato illegittima la legge della stessa regione Lombardia n. 19/09, impugnata dal Governo e con sentenza n.190 del 2011 ha dichiarato illegittima la legge regionale n. 16 del 2010, dagli analoghi contenuti, leggi regionali riferite alle stagioni venatorie 2009/2010 e 2010/11. La norma regionale quindi, oltre a violare il giudicato costituzionale con riferimento alle citate sentenze, si pone in contrasto con l'art. 117, comma 1 della Costituzione, non rispettando i vincoli comunitari, e viola altresì la competenza esclusiva statale in materia di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, di cui all' art. 117, comma 2, lettera s, Cost. Per le ragioni su esposte si ritiene di sollevare la questione di legittimità costituzionale dinanzi alla Corte costituzionale, ai sensi dell'art. 127 Cost. Considerato, inoltre, che con la recente sentenza della Corte di Giustizia Cee in causa C-164/09, la Repubblica Italiana è stata condannata a causa di una deroga immotivata agli artt 5/8 della Direttiva 79/409/CEE , circa le specie cacciabili, operata da una legge regionale del Veneto, si ritiene che ricorrano i presupposti per la sospensione dell'esecuzione delle norme impugnate di cui all'articolo 35 della legge n.87/1953, così come modificato dall'articolo 9, comma 4, della legge n. 131/2003. Infatti, poiché la stagione di caccia si chiude, per le specie oggetto delle norme regionali in esame , tra il 31 dicembre 2011 e il 31 gennaio 2012, quindi ben prima della ragionevole conclusione del giudizio, sussistono il fumus boni juris e il periculum in mora di cui all'art 35 L 87/53, consistente nel rischio, irreparabile, di una condanna della Repubblica Italiana.

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