domenica 4 dicembre 2011

EUTANASIA DI LUCIO MAGRI - DON GALLO: L'UOMO NON DEVE GIUDICARE E NEMMENO I SACERDOTI




Don Gallo, fondatore della comunità di San Benedetto al Porto di Genova
   
Suicidio assistito di Lucio Magri, Don Gallo: 
"Non giudico ma gli avrei chiesto di non morire"
di Paolo Salvatore Orrù

 “Di fronte a una decisione di questo tipo non si possono dare giudizi: si può solo riflettere sul mistero della vita”, don Andrea Gallo, fondatore e animatore della comunità di San Benedetto al Porto di Genova, è stato un grande amico di Lucio Magri, l’ex dirigente della DC e del PCI, uno dei fondatori del Manifesto che ha deciso di trasferirsi in una clinica Svizzera per porre fine alla sua esistenza con il suicidio assistito. Un decisione estrema, che ripropone il drammatico dilemma dell’eutanasia.

Don Gallo, Lucio Magri è stato un politico fino in fondo: con il suo gesto estremo ha riproposto un tema drammatico come quello dell’eutanasia.
Di recente ho parlato con Lucio, un uomo con una storia eccezionale, un cattolico con un percorso travagliato: lui veniva dai gruppi giovanili della DC di Bergamo. L’ho conosciuto lì con Valentino Parlato, con Luciana Castellina e molti altri del Manifesto: credo di essere stato uno dei primo ad aver comprato la rivista. Lui veniva da una cammino di riflessione: era vicesegretario regionale della DC in Lombardia, quando fu espulso dal partito di Don Sturzo a causa delle sue idee anticapitaliste. Fu allora che cominciò ad avvicinarsi, con qualche remora, al PCI, dove subì la seconda espulsione. Che dire, lo conoscevo bene, se mi avesse chiesto un consiglio gli avrei consigliato di rispettare la sua grande vita. Oltretutto, ha lasciato esterrefatti i parenti, gli amici, la sua nipotina. L’avrei esortato a non compiere un gesto così drammatico”.

Lei, ovviamente, non pensa che un uomo possa dire: adesso basta.
“Lucio, come l’altro grande mio amico Mario Monicelli, hanno tutto il mio rispetto. Lucio, forse, per timidezza non ha voluto che il suo sangue macchiasse un selciato. Mi sarebbe piaciuto parlargli. Lo lascio nelle mani del Grande Amore, l’Amore che non giudica, l’Amore che ama. Non giudico neppure io: non spetta ad un uomo e nemmeno a un sacerdote dare giudizi”.

La vita a volte diventa insopportabile
“Mi ricordo di mia mamma, quando ha lasciato la vita terrena aveva 99 anni, non era malata. Un giorno chiamò mio fratello e me e disse: ho deciso parto. Stava male, ci chiese di non chiamare nessun medico e stette lì con il rosario in mano per qualche giorno. Un giorno mi chiamò mio fratello: “La mamma si è ficcata in letto”, mi informò. Noi siamo andati da lei, lei ci ha salutato tutti. Le chiesi: vuoi acqua o preferisci un goccio di moscato. “Moscato”, rispose. Dico questo, perché lascio Lucio nelle mani del Dio Amore. L’uomo deve rispettare tutti. Per queste mie convinzioni sono stato richiamato dai vescovi, quando in tivù detto le stesse cose per Mario Monicelli. La laicità è questa, mica è quella della senatrice Binetti. Sono sicuro che Lucio era consapevole che ci avrebbe lasciato nel dolore. Ma io dico: dobbiamo lottare per la vita”.

29 novembre 2011

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