Don Gallo,
fondatore della comunità di San
Benedetto al Porto di Genova
Suicidio
assistito di Lucio Magri, Don Gallo:
"Non giudico ma gli avrei chiesto di non morire"
"Non giudico ma gli avrei chiesto di non morire"
di Paolo
Salvatore Orrù
“Di
fronte a una decisione di questo tipo non si possono dare giudizi: si può solo
riflettere sul mistero della vita”, don Andrea Gallo, fondatore e animatore della
comunità di San Benedetto al Porto di Genova, è stato
un grande amico di Lucio Magri, l’ex dirigente
della DC e del PCI, uno dei
fondatori del Manifesto che ha deciso di trasferirsi in
una clinica Svizzera per porre fine alla sua esistenza con il suicidio
assistito. Un decisione estrema, che ripropone il drammatico dilemma
dell’eutanasia.
Don Gallo, Lucio Magri è stato un politico fino in fondo: con il suo gesto estremo ha riproposto un tema drammatico come quello dell’eutanasia.
“Di recente ho parlato con Lucio, un
uomo con una storia eccezionale, un cattolico con un percorso travagliato: lui
veniva dai gruppi giovanili della DC di Bergamo. L’ho conosciuto lì con Valentino Parlato,
con Luciana Castellina e molti altri del Manifesto:
credo di essere stato uno dei primo ad aver comprato la
rivista. Lui
veniva da una cammino di riflessione: era vicesegretario regionale della DC in
Lombardia, quando fu espulso dal partito di Don Sturzo a causa delle
sue idee anticapitaliste. Fu allora che cominciò ad avvicinarsi, con qualche remora, al PCI, dove
subì la seconda espulsione.
Che dire, lo conoscevo bene, se mi avesse chiesto un consiglio gli avrei
consigliato di rispettare la sua grande vita. Oltretutto, ha lasciato esterrefatti i parenti, gli amici, la sua
nipotina. L’avrei esortato a non compiere un gesto così drammatico”.
Lei, ovviamente, non pensa che un uomo possa dire:
adesso basta.
“Lucio, come l’altro grande mio amico Mario Monicelli,
hanno tutto il mio rispetto. Lucio, forse, per timidezza non ha voluto che il
suo sangue macchiasse un selciato. Mi sarebbe piaciuto
parlargli. Lo lascio nelle
mani del Grande Amore, l’Amore
che non giudica, l’Amore che ama. Non
giudico neppure io: non spetta ad un uomo e nemmeno a un sacerdote dare giudizi”.
La vita a volte diventa insopportabile
“Mi
ricordo di mia mamma, quando ha lasciato la vita terrena aveva 99 anni, non era
malata. Un giorno chiamò mio fratello e me e disse: ho deciso parto. Stava
male, ci chiese di non chiamare nessun medico e stette lì con il rosario in mano per qualche
giorno. Un giorno mi chiamò mio fratello: “La
mamma si è ficcata in letto”, mi informò. Noi siamo andati da lei, lei ci ha salutato tutti. Le chiesi: vuoi acqua o preferisci un
goccio di moscato. “Moscato”,
rispose. Dico questo,
perché lascio Lucio nelle mani del Dio Amore. L’uomo deve rispettare tutti. Per queste mie
convinzioni sono stato richiamato dai vescovi, quando in tivù detto le stesse
cose per Mario Monicelli. La laicità è questa, mica è quella della senatrice Binetti.
Sono sicuro che Lucio era consapevole che ci avrebbe
lasciato nel dolore. Ma io dico: dobbiamo lottare per la vita”.
29 novembre
2011
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