Un meccanismo di sperequazione e di
attribuzione di privilegi a DANNO DI
DELLA LAICITÀ E DELLA SOPRAVVIVENZA DEI CITTADINI ITALIANI (MECCANISMI INTATTI DA OLTRE 20 ANNI, SENZA NESSUNA VALUTAZIONE
SUCCESSIVA) PUR DI NON MODIFICARE GLI IMMENSI
PRIVILEGI RICONOSCIUTI ALLA CHIESA CATTOLICA (LA PIU’ RICCA E TESOREGGIANTE TRA LE CHIESE
CONOSCIUTE).
PARLAMENTO E GOVERNI
(Renzi, Letta, Monti, Berlusconi, Prodi) DALLE
“RADICI CRISTIANE” E LE ISTITUZIONI LOCALI (presidenti di regione e sindaci)
HANNO CONCORSO E CONCORRONO A MANTENERE LE DISCRIMINAZIONI TRA CITTADINI
CATTOLICI E NON CATTOLICI. Dopo l’articolo di Gim Cassano Spazioliblab.it si può leggere il comunicato stampa della Corte dei
Conti e la sentenza in originale, scaricabile liberamente
di: Gim Cassano
Una recente delibera della Corte dei Conti mette il dito
nella vergogna (certo la magistratura contabile non usa questo termine,
ma esprime il medesimo concetto) del contorto meccanismo, non ben conosciuto ai più, che fa si che i soggetti ammessi (Stato, Chiesa
Cattolica, Valdesi, ed altre confessioni) non
ricevano solo le quote dell’8 per mille dell’IRPEF di coloro che hanno espresso
la loro preferenza, ma anche,
proporzionalmente alle preferenze espresse, la quota di chi non ha espresso
alcuna preferenza.
In
pratica, il meccanismo funziona così:
1- Si attribuiscono ai singoli
soggetti destinatari le quote dell’8 per mille di chi ha espresso la propria
indicazione [nel 2011, tale
indicazione è stata espressa da solo il 46,1% delle denunce dei redditi: 37,9 %
in favore della Chiesa Cattolica, 6,1% in favore dello Stato Italiano,1,5% in
favore della Chiesa Valdese, il resto (0,6%) in favore di altre confessioni
religiose].
2- La quota relativa a coloro
che non ha espresso alcuna indicazione (il 53,9% del totale) viene ripartita tra tutti i soggetti aventi
diritto in base alle percentuali delle indicazioni espresse.
L’effetto
pratico è il seguente: la Chiesa Cattolica,
con il 37,9% delle indicazioni esplicitamente espresse, riceve (dati 2011) l’82,3%dell’intera somma, e cioè 1.054 milioni su un
totale di 1.279 milioni. In sostanza, l’8 per mille di quegli italiani che non ritengono di esprimere alcuna
indicazione (il 53,9%) va per la
massima parte destinato alla Chiesa Cattolica in virtù del fatto che le indicazioni espresse in suo favore,
pur essendo state manifestate solo dal 37,9% del totale dei contribuenti,
rappresentano l’82% di quelle espresse.
Ciò spiega anche le
martellanti campagne pubblicitarie della CEI, nelle quali si rappresentano
preti e suore profusi in opere di bene: ogni incremento della percentuale
di indicazioni espresse in favore della chiesa Cattolica, si traduce non solo
nell’incremento diretto relativo a chi esprime un’indicazione in suo favore, ma
anche nell’incremento della quota di attribuzione relativa all’8 per mille di
chi non ha espresso alcuna indicazione.
Peccato
che lo Stato Italiano non
abbia mai svolto alcuna iniziativa promozionale per l’indicazione in proprio
favore dell’attribuzione dell’8 per mille dell’IRPEF.
E’ da anni che associazioni e gruppi laici (tra cui,
dimenticandone molti: UAAR, Critica Liberale, ItaliaLaica, le Consulte Laiche
e, non ultimi, Alleanza Lib-Lab e questo sito) segnalano l’incongruenza e
l’incostituzionalità di un sistema che, oltre che ledere principii
costituzionali, rappresenta un indebito finanziamento pubblico a Santa Romana
Chiesa, che si aggiunge a molti altri (IMU, contributi alla scuola privata, etc.), senza che, nei fatti, si
sia mai aperto un dibattito pubblico al riguardo.
La Corte dei Conti, con una
delibera estremamente approfondita ed imparziale, censura pesantemente questo
meccanismo (e molti altri aspetti riguardanti i rapporti economici tra Stato e
Chiesa) e, soprattutto, censura,
insieme alla mancanza di controlli, l’inerzia ed il comportamento passivo dello
Stato al riguardo: in definitiva, quello di chi amministra lo Stato, e cioè i governi
che via via si sono succeduti.
Anche questo caso, come quelli delle
pronunzie della Corte Costituzionale riguardanti la legge elettorale, la legge
40, la Fini-Giovanardi, evidenzia quanto la nostra politica sia distante dalla concezione di uno Stato di
Diritto, che deve esserle
continuamente rammentata da parte di Istituzioni di controllo e garanzia, il cui ruolo si vorrebbe veder ridotto. Oggi, dalla
Magistratura Contabile.
Qui di seguito, riporto il Comunicato
emesso al riguardo dalla Corte dei Conti il 28-11-2014, ed il “link”
per accedere alla relativa, documentatissima, delibera, che rappresenta un vero
e proprio atto di accusa su come lo Stato Italiano ha gestito i suoi rapporti
economici con la chiesa Cattolica.
Comunicato stampa del 28 novembre 2014
Sezione centrale di
controllo sulla gestione delle amministrazioni dello Stato
Relazione concernente la “Destinazione e
gestione dell’8 per mille”
I beneficiari ricevono più dalla quota non
espressa che da quella optata. Su ciò non vi è un’adeguata informazione, benché
coloro che non scelgono siano la maggioranza e si possa ragionevolmente essere
indotti a ritenere che solo con un’opzione esplicita i fondi vengano assegnati.
I contributi alle confessioni risultano
ingenti, tali da non avere riscontro in altre realtà europee -avendo superato
ampiamente il miliardo di euro per anno-, e sono gli unici che, nell’attuale
contingenza di fortissima riduzione della spesa pubblica in ogni campo, si sono
notevolmente e costantemente incrementati.
Nonostante ciò, la possibilità di accesso
all’8 per mille per molte confessioni è oggi esclusa per l’assenza di intese,
essendosi affermato un pluralismo confessionale imperfetto.
Manca trasparenza sulle erogazioni: sul
sito web della Presidenza del Consiglio dei Ministri, infatti,
non vengono riportate le attribuzioni alle confessioni, né la destinazione che
queste danno alle somme ricevute.
Non ci sono verifiche sull’utilizzo dei fondi erogati - nonostante i dubbi
sollevati dalla Parte governativa della Commissione paritetica Italia-Cei su
alcune poste e sulla ancora non soddisfacente quantità di risorse destinate
agli interventi caritativi -, né controlli sulla
correttezza delle imputazioni degli optanti, né un monitoraggio sull’agire
degli intermediari.
Lo Stato mostra disinteresse per la quota di propria competenza, cosa che
ha determinato la drastica riduzione dei contribuenti a suo favore, dando l’impressione
che l’istituto sia finalizzato solo a fare da apparente contrappeso al sistema
di finanziamento diretto delle confessioni.
A
ciò ha contribuito:
a) la totale assenza - negli oltre
20 anni di vigenza dell’istituto - di promozione delle iniziative, risultando
lo Stato l’unico competitore che non sensibilizza l’opinione pubblica sulle proprie attività; non si è proceduto in tal senso nemmeno per il 2014,
nonostante la novità consistente nella possibilità di destinare risorse per
l’edilizia scolastica, tema molto sentito dai
cittadini;
b) la drastica riduzione delle somme
a disposizione, dirottate su altre finalità, a
volte antitetiche alla volontà dei contribuenti. La decurtazione è contraria ai principi di lealtà e di
buona fede. Peraltro, sono penalizzati solo coloro che scelgono
lo Stato e non gli optanti
per le confessioni, le cui determinazioni non sono toccate, cosa incompatibile
con il principio di uguaglianza;
c) l’aver veicolato verso enti
religiosi molte risorse;
d) la scarsa coerenza delle scelte
per l’erogazione ‘a pioggia’ ad enti, spesso privati.
Corte dei conti, Ufficio stampa
Questo è il “link” per
accedere all’intero testo della delibera:
Testo della
delibera n. 16/2014/G e documenti allegati ( PDF, 8121 Kb )
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