Da: Repubblica.it
LA POLEMICA
L'esercito
delle scimmie condannate a morte
animalisti in rivolta: "Fermate il massacro"
animalisti in rivolta: "Fermate il massacro"
Monza, proteste contro
un carico di 900 cavie in arrivo alla Harlan e destinate alla vivisezione. Dal
presidio arriva un appello: "Fare
controlli su questa importazione record di quadrumani"
La protesta davanti alla Harlan
dal nostro inviato PAOLO BERIZZI
MONZA - Le
prime 150 sono arrivate l'altro giorno. Le altre 750 giungeranno a destinazione
- sempre a bordo di Tir - nelle prossime ore. Forse all'alba,
per eludere le proteste degli animalisti che, appresa la notizia, si sono mobilitati, e
adesso promettono battaglia. Novecento
scimmie. È uno dei più
grossi carichi di animali da vivisezione mai importati in Italia. A immaginarsele
tutte insieme si fa quasi fatica: e infatti i macachi, in arrivo dalla Cina via
Roma-Fiumicino, vengono trasportati dalla Capitale a blocchi di centocinquanta
per volta, stivati dentro
gabbioni che dagli
aerei cargo della Air China finiscono qui, in questo capannone sdraiato nella landa brianzola.
Nemmeno 3mila abitanti, Correzzana è conosciuta, oltreché per avere dato i natali al cantante Gianluca Grignani, per i laboratori della Harlan, multinazionale della vivisezione (presente in quattro continenti). Tecnicamente: allevamento e produzione di animali da laboratorio venduti per la ricerca e altri scopi scientifici.
Harlan - finita più volte, in questi anni,
nel mirino delle associazioni che si battono per la difesa degli animali, nel 2006 fece
clamore il blitz del Fronte Liberazione Animale proprio all'interno dell'allevamento di
Correzzana - offre i suoi servizi a un numero imprecisato di
laboratori pubblici e privati, università, ospedali, aziende farmaceutiche,
laboratori in decine di paesi del mondo.
In Italia si
occupa prevalentemente di sperimentazione per conto terzi e, appunto, allevamento destinato alla vivisezione: topi, ratti, conigli, cavie, primati e
altri grandi mammiferi. Fa
stallo per il trasferimento di cani beagle (gli stessi allevati dalla
società Green Hill) e si è specializzata nella "produzione" di
animali geneticamente modificati per un migliore utilizzo nella sperimentazione.
Esempi? Le specie "programmate" a
sviluppare il cancro o con difese immunitarie funzionali all'inoculazione dei
virus della polio e del vaiolo delle scimmie.
La richiesta dei colossi
farmaceutici cresce, e Harlan, sede centrale
a Minneapolis, due allevamenti in Italia (l'altro è a San Pietro al
Natisone in provincia di Udine) e un laboratorio (a Bresso), per reggere il mercato, risponde. E importa. Ma uno stock di queste dimensioni - 900
scimmie - non si era mai visto.
I macachi destinati alla sperimentazione arrivano
direttamente dalla Cina: anche se
l'origine di molti esemplari, pare, sia da ricondurre alle isole Seychelles e
Mauritius, paradisi
delle vacanze ma anche serbatoi per la vivisezione.
L'autorizzazione italiana all'ingresso delle scimmie è
stata rilasciata dal ministero della Salute.
Harlan,
vista l'importanza del carico, ha deciso di spezzettare l'arrivo in più
blocchi, forse prevedendo anche le proteste. Che, puntuali, sono arrivate. "Questo è uno dei centri di sperimentazione più
tristemente famosi in Italia - dice Paolo Mocavero, presidente dell'associazione "Cento per cento
animalisti" che da ieri ha
organizzato un presidio di fronte allo stabilimento di Correzzana
-. La vivisezione sui primati in
Italia è molto restrittiva ma le normative vengono regolarmente aggirate con
autorizzazioni di veterinari compiacenti. Chiediamo alle
autorità competenti di fare controlli sulla regolarità di un'importazione così
massiccia di primati".
Da qualche
anno, nel mondo animalista, è attivo il coordinamento "Fermiamo
Harlan". Sono numerose le sigle che si battono contro la
vivisezione e, in particolare, l'attività di questa multinazionale. Spiega
Susanna Chiesa, di "Freccia 45": "In
Italia vengono sottoposti a sperimentazione 3.000 animali al giorno. La
vivisezione è una falsa scienza, inutile e arcaica, attuata da persone che si
arrogano il potere assoluto di decidere se e come seviziare e porre fine alla
vita di altri esseri viventi. Continueremo a batterci perché questo vergognoso
atto di atrocità venga definitivamente vietato".
Sono circa 600 i
centri italiani collegati alla vivisezione di animali. Due milioni e 600 mila gli esemplari
utilizzati tra 2007 e 2009 (di cui 618mila usati per la ricerca sui farmaci).
Un giro
d'affari da decine di miliardi, dietro il quale si nasconde un mondo fatto
anche di situazioni che vanno oltre il limite della decenza e della civiltà. L'incursione, nell'autunno del 2006, dei militanti del Fronte
Liberazione Animale nel laboratorio Harlan di Correzzana, portò alla luce una
realtà fino a allora sconosciuta: migliaia di
roditori in pile di gabbie di plexiglas, decine di cadaveri fotografati nei
frigoriferi del laboratorio, alcuni dei quali impalati con stuzzicadenti, ma
soprattutto decine di macachi conservati in condizioni squallide, tra sangue e
feci, prima di finire nella catena della sperimentazione. La stessa alla quale verranno avviate le
900 scimmie in arrivo dalla Cina. Durante il blitz, un'azione illegale che portò anche al
danneggiamento delle strutture dei laboratori, furono liberate una ventina di
scimmie e un migliaio di roditori. La protesta più recente degli animalisti è
stata quella che ha preso di mira Green Hill, il canile-lager sulle colline di
Montichiari, a Brescia, dove si allevano
2.500 beagle destinati alla vivisezione. Lo scorso 10 febbraio un centinaio di animalisti hanno formato una
catena umana attorno allo stabilimento: un presidio per chiedere un accelerazione dei disegni di legge in lavorazione al
Parlamento e in Regione Lombardia.
La soluzione del
problema, secondo gli attivisti, non può essere soltanto il divieto di allevare
i cani in quelle condizioni. In
questo modo - hanno spiegato - Marshall, multinazionale proprietaria di Green Hill,
potrebbe scegliere di non chiudere i capannoni-lager di Montichiari ma
trasformarli in deposito di "smistamento" e continuare indisturbata
il suo business, non allevando più i cani in loco ma semplicemente
importandoli e vendendoli.
p.berizzi@repubblica.it
(25 febbraio
2012)
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