La Signora delle Stelle
di Piergiorgio Odifreddi,
Margherita Hack, la
Signora delle Stelle, se n’è andata a 91 anni. Era da tempo
gravemente malata, ma aveva deciso di non curarsi più, lasciando alla Natura la
decisione di quando richiamarla a sé.
Fino all’ultimo, dunque, è
rimasta coerente con la sua figura di
intellettuale impegnata: da un lato, concentrata nello studio e
nell’apprezzamento delle bellezze del cosmo, e dall’altro lato, incurante delle convenzioni stabilite e insofferente delle
superstizioni condivise.
Fin dalla giovinezza,
aveva imparato a vivere sana. Era nata in una famiglia
vegetariana e non aveva mai mangiato
carne, facendo sua la motivazione esposta dal filosofo Peter Singer nell’ormai
classico libro Liberazione animale (Mondadori, 1991): il fatto, cioè, che mangiare gli animali richiede di causar loro
enormi sofferenze, dalla nascita alla morte, e rende complici di quella che la
Hack chiamava una “ecatombe giornaliera”.
Ai difensori dell’inciviltà dei McDonald’s, che
provavano a sostenere con lei che un
bambino necessita di carne per crescere, la Hack rispondeva che
non solo lei era cresciuta benissimo, senza mai aver avuto malattie
serie, ma aveva potuto praticare Sport agonistici, diventando in gioventù campionessa di salto in alto e in lungo. E ancora a ottant’anni faceva giri In bicicletta
di 100 chilometri e giocava a pallavolo.
L’altra faccia del
vegetarianesimo della Hack era il suo famoso
amore per i gatti, dai quali viveva
circondata in casa, e che spesso si vedevano gironzolare attorno a lei, o sederle vicino, durante
le interviste registrate o gli
interventi in videoconferenza. Come quello nel
quale l’abbiamo vista l’ultima volta, il 9 maggio scorso a Pisa, nei “Dialoghi dell’Espresso”
dedicati al tema Perché la ricerca è indispensabile. Questo intervento non fu che l’ultima
testimonianza pubblica di una grande affabulatrice, che col passare del tempo
aveva dedicato sempre più energie a
raccontare, a voce e per iscritto, le meraviglie delle stelle e dell’universo. E Poiché lo faceva con grande passione e altrettanta chiarezza, era ormai diventata la più famosa divulgatrice
scientifica italiana, contendendo alla Levi
Montalcini il primato per la popolarità. Le sue conferenze erano affollate come concerti, e sentirla
raccontare le ultime scoperte astronomiche
era un vero piacere per le orecchie e per la mente. D’altronde, era quello
il suo vero lavoro, forse più nascosto e meno noto al pubblico. Aveva cominciato a interessarsene fin dalla sua tesi di laurea,
nell’ormai lontano 1945, sulle Cefeidi. Aveva poi
insegnato astronomia a Trieste, dove tuttora viveva, dirigendone per quasi
venticinque anni l’Osservatorio Astronomico.
Il suo valore
scientifico era testimoniato dalla sua appartenenza all’Accademia Nazionale dei
Lincei, di Galileiana memoria,
e dalle sue collaborazioni con l’Ente
Spaziale Europeo e la Nasa statunitense.
Ma fin dagli anni ’70 aveva iniziato il suo impegno per la
disseminazione del sapere scientifico in una società come quella italiana, succube di preti e
idealisti, che rimane ancor oggi preda di un
atteggiamento antiscientista e superstizioso. Fin dagli inizi aveva dunque collaborato
con il CICAP, il Comitato per il controllo delle Affermazioni sul Paranormale,
fondato nel 1989 da Piero Angela. E la sua verve toscana le
era servita spesso, per mettere alla berlina le credenze più retrograde e
sciocche, spesso propagandate dai media. E non solo, visto che solo qualche settimana fa l’intero Parlamento italiano ha votato all’unanimità a favore della
sperimentazione della cura medica Stamina proposta da uno psicologo di professione (sic!), rendendoci ancora una volta gli zimbelli del mondo scientifico internazionale e facendoci sbeffeggiare per
ben due volte dalla rivista “Nature”. Oltre che contro le superstizioni antiscientifiche, la Hack
combatté coraggiosamente anche contro quelle religiose e organizzate.
Era presidente onoraria
dell’UAAR, l’Unione degli Atei e degli
Agnostici Razionalisti, che si propone di dar voce a quel 15% della popolazione
italiana che non crede nelle favole mediorientali, ma che certo non riceve il 15% della visibilità sui media e non ottiene l’8 per 1000
di finanziamento statale.
Da: l’Ateo bimestrale dell’UAAR 5-13
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